Cambiare l’Europa per difenderla: un impegno per il nostro futuro

Cambiare l’Europa per difenderla: un impegno per il nostro futuro

Una riflessione di Štefan Čok

E’ un testo lungo, scusate.

Quando qualche settimana fa è stato annunciato che oggi si sarebbe tenuta una manifestazione a sostegno dell’Europa, mi sono subito convinto a partecipare, fisicamente o almeno idealmente. Poi elencherò una lunga serie di cose che secondo me non vanno. Ma sono davvero convinto che l’idea di un’Europa unita sia sotto attacco, e con essa tutti noi che ci viviamo. Molti possono non essere d’accordo, e io lo rispetto. Ma ne sono davvero convinto e spero quindi di ricevere lo stesso rispetto. C’è uno Stato a Est che sostanzialmente rifiuta tutti i principi su cui si fonda l’Europa unita: pluralismo politico, libertà di parola e di pensiero, democrazia, tolleranza, stato di diritto, separazione dei poteri. In Occidente, un altro Paese la cui superiorità globale era la base su cui poteva emergere un’Europa di questo tipo (non nel senso che ne favorisse in maniera particolare l’unificazione, ma potevamo permetterci di fare molte cose in Europa perché altri – a volte nel bene, spesso nel male – regolavano la politica mondiale), quest’altro Stato dicevo nelle ultime settimane, ma come conseguenza di processi a lungo termine, ha preso una strada che mette seriamente in discussione il suo impegno nei confronti dei principi che ho elencato prima. E semplicemente non esistono altre entità di dimensione continentale che permettano l’esistenza di questi principi. Ecco, questo mi sembra un motivo sufficiente per rispondere affermativamente alla richiesta di un’Europa unita.

Sono andato al confine per esprimere simbolicamente la mia adesione all’ideale europeo, proprio perché penso che molte volte abbiamo perso la nobiltà di questo ideale lungo il cammino, ad esempio quando abbiamo rapidamente accettato l’idea che l’area Schengen non fosse, dopo tutto, una cosa così importante. O che chi è diverso da noi è un pericolo. O ancora quando ci siamo accontentati delle note sirene del localismo e dell’egoismo, invece di affrontare i problemi come un noi comune. E poiché penso che questa Europa vada cambiata radicalmente, ma per cambiarla dobbiamo anche mantenerla viva, penso che vada anche difesa. Contro la disintegrazione interna. E dalla minaccia di attacchi esterni, non solo fisici – anche se questi ultimi sono chiaramente tornati accettabili – ma anche attraverso la fomentazione di movimenti di estrema destra (che non nascono solo per questo motivo, ma certamente ne traggono ulteriore forza), attraverso un’intolleranza aggressiva che suggerisce che le differenze, sessuali, religiose, etiche, o altro, sono un pericolo che mette in questione i valori tradizionali.

E questo mi porta alla questione del mio rapporto con la Russia. Amo la cultura russa. Ho un autore russo nella mia top list di scrittori preferiti. Alcune delle persone che ho incontrato nella mia vita e che stimo di più provengono dalla Russia. Sono stato in quel Paese solo una volta e mi chiedo quando (o addirittura se) riuscirò a tornarci. E amo la lingua russa, anche se la afferro solo un po’ tramite lo sloveno e non ho ancora iniziato a impararla seriamente. Ma proprio per questo (e non nonostante) sono convinto che l’attuale governo russo sia pericoloso. Il che non vuol dire che io sostenga che dovrebbe cambiare (e su questo punto ci sarà da discutere più avanti), ma che sia un pericolo non ho dubbi. So che è percepito come un pericolo dalle società dei Paesi baltici e dell’Europa orientale e, poiché credo nell’Europa, devo farmi carico di questa preoccupazione, anche per poter sottolineare in modo più efficace che il problema è la politica del governo russo, non il popolo russo, e che, di conseguenza, l’unica politica sensata nei confronti delle comunità russe al di fuori della Russia sarebbe quella di rispettare i loro diritti in modo ampio, perché questo sarebbe un mezzo davvero meraviglioso per combattere le aggressioni.

Guardo con preoccupazione al dibattito sugli armamenti dell’Europa; guardo con preoccupazione a qualsiasi possibilità che questo possa significare una rinascita del sistema dei 27 Paesi che lavorano insieme (o almeno si suppone che lo facciano) piuttosto che unire realmente le forze; guardo con preoccupazione perché sono consapevole non solo delle disuguaglianze e delle ingiustizie che stanno corrodendo la società europea, ma anche del fatto che la grande sfida del XXI secolo, il cambiamento climatico, è praticamente passata completamente nel dimenticatoio. Eppure, nonostante la mia preoccupazione, non posso fare a meno di chiedermi se questo dibattito non sia dopotutto necessario. E se voglio una risposta a questa domanda, devo chiedermi cosa sta succedendo dall’altra parte di questo ipotetico conflitto, e penso in particolare alla Russia. Ed è una domanda che si rivolge anche a quelle tante persone che stimo profondamente e che, in questi giorni, manifestano, parlano, scrivono, contro gli armamenti con convinzione. Il prerequisito per il disarmo è che entrambe le parti siano d’accordo; il prerequisito per la pace è la disponibilità ad essa. Dove sono le manifestazioni per la pace in Russia? Dove sono gli appelli della società civile russa a fermare la guerra in Ucraina? La risposta è molto semplice. Non ci sono perché il governo non le permette. Ecco quindi la domanda per coloro che sostengono una posizione di principio per il mantenimento della pace, cioè il no a qualsiasi arma: tutto questo si basa sulla fiducia nel governo russo? O richiederebbe anche un’opzione per i molti settori della società russa che non vogliono la guerra (e non ho dubbi che ce ne siano, anche tra coloro che vedono l’Occidente, qualunque cosa sia, come un potenziale nemico)? E se non vogliamo il confronto con la forza delle armi, significa che dovremmo cercare di fare in modo che anche gli oppositori della guerra in Russia possano esprimere le loro opinioni? Ma non pensiamo che il governo russo interpreti questo come un’interferenza nella politica interna (la risposta a questo, tra l’altro, esiste dal 2012, quando lo Stato russo ha approvato una legge sui cosiddetti agenti stranieri, tramite la quale negli anni successivi ha sostanzialmente decapitato la società civile russa). Perché altrimenti, se si manifesta per la pace a Trieste, a Berlino, a Parigi e non so dove altro, e dall’altra parte questo non succede, si finisce piuttosto male. L’Europa è spesso accusata di essere troppo aggressiva nei confronti della Russia. Dovremmo ristabilire i contatti si dice, sia politici che economici. Se le economie fossero collegate, non ci sarebbe più ostilità. Ebbene, cosa abbiamo fatto fino al 2022? La dipendenza dal gas russo non era forse legata anche alla convinzione che il flusso di denaro avrebbe evitato la guerra? Abbiamo visto come è andata a finire. In ogni caso, se siamo davvero nelle condizioni di doverci chiedere se il più grande paese della NATO sia oggi ancora un interlocutore affidabile e vorremmo un’alternativa sono però anche convinto che quest’ultima dovrebbe poggiare su una più coerente attuazione dei principi che l’Europa dovrebbe sostenere. Ma anche sull’esser pronti a difenderli.

Lo stato di salute dell’Europa è tutt’altro che buono. Ci sono forze centrifughe, tantissime, il che è perfettamente legittimo, perché l’Europa si basa su un’associazione volontaria, ma sono piuttosto preoccupato che queste forze centrifughe siano di solito le stesse che, insieme all’Europa si libererebbero anche di tutta una serie di cose che noi diamo per assodate. Non vedo grandi leader all’altezza di una simile sfida, eppure senza l’Europa la situazione non migliorerà (e questo vale, tra l’altro, soprattutto per le piccole nazioni e i Paesi che, senza un quadro comune, diventano semplicemente dei pesci piccoli in un mare in cui ci sono un mucchio di pesci più grandi). Mi sembra che diamo per scontate troppe cose e non teniamo conto che sono tutt’altro che garantite. Ad esempio, diamo per scontato che siamo liberi di decidere sull’Europa, sulla NATO, ecc. (se non altro sarei curioso di trovare tra i miei amici qualcuno che non sostenesse per principio che questa non dovrebbe essere una coercizione). D’altra parte, neghiamo ai Paesi baltici (o li incolpiamo per il passato) o all’Ucraina di oggi lo stesso diritto che dovrebbe avere il Paese in cui viviamo. L’Italia è libera di decidere (o, per chi non è d’accordo con la NATO, dovrebbe essere libera di decidere di uscirne). Anche la Slovenia; ma se i Paesi baltici o l’Ucraina decidono di aderire, è a causa dell’imperialismo statunitense, non forse perché quelle nazioni hanno esercitato lo stesso diritto di decidere che noi assumiamo per noi. L’Ucraina, tra l’altro, come ogni Paese, è tutt’altro che perfetta (anche i Paesi in cui viviamo non sono perfetti); ma se accettiamo il principio che l’imperfezione è una colpa sufficiente per subire un attacco – e per pagarne tutto lo scotto- come quello che ha subito negli ultimi tre anni, beh, non ha proprio senso manifestare per l’Europa. L’abbiamo già persa per strada.

PS 1: le decisioni del mio partito al Parlamento europeo: se sei a favore di un’Europa politica, devi giocare la partita su quel campo. Quindi se voti in modo diverso dal gruppo a cui appartieni (e di cui sei la delegazione più numerosa) devi essere consapevole che questa è una faccenda seria. Il che può anche essere giustificabile e dovuto a buone ragioni; ma se non si prosegue il dibattito da questa constatazione e ci si perde in sciocchezze sulle correnti interne del partito, beh… probabilmente non si otterrebbe un voto molto lusinghiero all’esame di maturità.

PS 2 La manifestazione. Ok a Roma, iniziativa lodevole, ma avremmo bisogno di manifestazioni in contemporanea in tutt’Europa, anche perché la si fa anche in questo modo, con lo stesso slogan, da Lisbona a Helsinki. Ma soprattutto ai valichi di confine e nelle aree di confine, dato che l’ideale europeo si realizza qui (e se non si realizza qui non si realizzerà neanche altrove). Quando i sostenitori dell’unificazione europea finalmente lo capiremo e agiremo di conseguenza la nostra voce sarà dieci volte più forte.

 

 

Branimo Evropo, da bi jo lahko spremenili: zaveza za našo prihodnost.

Razmišljanje Štefana Čoka

Besedilo je dolgo, opravičujem se.

Ko so pred nekaj tedni napovedali, da bo danes potekala manifestacija v podporo Evropi sem bil takoj prepričan, da bom sodeloval, fizično ali pa vsaj idejno. Potem bom naštel dolg seznam stvari, s katerimi mislim da nekaj ne gre. Ampak res sem prepričan, da je ideja združene Evrope pod udarom in z njo tudi vsi mi, ki v njej živimo. Marsikdo se bo mogoče s tem ne strinjam, spoštujem. V to pa sem gotovo prepričan, upam da bom deležen istega spoštovanja. Na vzhodu obstaja država, ki v bistvu zavrača vsa načela, na katerih je združena Evropa zgrajena: politični pluralizem, svoboda govora in mišljenja, demokracija, strpnost, pravna država, delitev oblasti. Na zahodu je druga država, katere svetovna premoč je bila podlaga, da je lahko taka Evropa nastala (ne v smislu, da bi jo posebno podprla, privoščili pa smo si lahko marsikaj v Evropi ker so drugi – včasih v dobrem, večkrat v slabem – urejali svetovno politiko), ta druga država v zadnjih tednih, a kot posledica dolgoročnih procesov, ubrala tako smer, ki resno postavlja pod vprašaj njeno zaverovanost v principe, ki sem jih prej naštel. In drugih subjektov celinske razsežnosti, ki bi dopuščali obstoj tistih načel, enostavno ni. No, to se mi zdi dovolj dober razlog, da bi odgovoril pritrdilno na poziv za združeno Evropo.

Šel sem simbolično izraziti svojo pripadnost evropskemu idealu na mejo, prav ker mislim, da večkrat smo zgubili po poti plemenitost tega ideala, npr. ko smo se kar hitro sprijaznili z idejo, da šengenski prostor ni, konec koncev, tako pomembna stvar. Ali pa da tisti, ki so različni od nas, so nevarnost. Ali pa tudi ko smo pristali na dobro poznane sirene lokalizmov in šebičnosti, namesto da bi obravnavali probleme kot skupni mi. In ker mislim da je to Evropo treba korenito spremeniti, a da jo spremenimo jo moramo tudi obdržati pri življenju, mislim da jo je tudi treba braniti. Pred notranjim razpadom. In pred grožnjo zunanjega napada, ki ni samo fizični – kljub temu, da je slednji očitno postal ponovno sprejemljiv – temveč tudi preko podpihovanja skrajno desnih gibanj (ki ne nastanejo samo zaradi tega, gotovo pa od tega dobijo dodatno moč), preko agresivne nestrpnosti, ki namiguje na to, da so različnosti, spolne, verske, etične, katerekoli, nevarnost, ki postavlja pod vprašaj tradicionalne vrednote.

In tu pridem do vprašanja odnosa do Rusije. Rusko kulturo ljubim. V (naj)ožji seznam mojih najljubših pisateljev sodi ruski avtor. Nekatere izmed oseb, ki sem jih spoznal v življenju in jih največ spoštujem, so iz Rusije. Samo enkrat sem bil v tisti državi in se sprašujem kdaj (in sploh če) se bom lahko tja vrnil. In ruski jezik obožujem, kljub temu da ga le malce lovim preko slovenščine in se ga nisem še začel resno učiti. A prav zaradi tega (ne kljub temu) sem prepričan, da je sedanja ruska vlada nevarna. Kar ne pomeni, da bi trdil, da bi morala menjati (o tem pozneje). Da pa predstavlja nevarnost nimam nobenega dvoma. Vem da jo začutijo kot nevarnost družbe baltskih in vzhodnoevropskih držav in ker sem prepričan v Evropo si moram vzeti v breme tudi to skrb – tudi da bi lahko na učinkovitejši način opozarjal, da problem je politika ruske vlade, ne ruski narod in da posledično bi bila edina smiselna politika do ruskih skupnosti izven Rusije širokogrudno spoštovanje njihovih pravic, ker to bi bilo res čudovito sredstvo v boju proti agresijam.

Z zaskrbljenostjo gledam na debato o oborožitvi Evrope. Gledam z zaskrbljenostjo na katerokoli možnost, da bi to lahko ponovno pomenilo oživitev sistema 27 držav, ki sodeluje (ali vsaj naj bi), raje kot da bi res združile moči; gledam z zaskrbljenostjo ker se zavedam ne le neenakosti in nepravičnosti, ki razjedajo evropsko družbo, temveč tudi da je velik izziv 21. stoletja, podnebne spremembe, dejansko šel popolnoma v pozabo. Pa vendar, kljub vsej zaskrbljenosti si ne morem tudi postaviti vprašanja ali ni vseeno ta debata potrebna. In če hočem odgovor na to vprašanje si moram postaviti kot vprašanje kaj se dogaja na drugi strani tega hipotetičnega konflikta, mislim ravno na Rusijo. In tu gre za vprašanje, ki nagovarja tudi tiste številne ljudi, ki jih globoko cenim in ki v teh dneh prepričano manifestirajo, govorijo, pišejo, proti oborožitvi. Predpostavka za razorožitev je da se obe strani s tem strinjata; predpostavka za mir je pripravljenost nanj. Kje so manifestacije za mir v Rusiji? Kje so apeli ruske civilne družbe, naj se neha z vojno v Ukrajini? Odgovor je zelo enostaven. Jih ni, ker jih vlada ne dopušča. In tu se torej postavlja vprašanje za tiste, ki zagovarjajo načelno mirovniško stališče, torej ne kateremukoli orožju: vse to sloni le na zaupanju v rusko vlado? Ali pa bi terjalo tudi možnost za številne sloje ruske družbe, ki vojne nočejo (in nimam dvomov, da obstajajo – tudi med tistimi, ki gledajo na zahod, karkoli naj bi ta zahod bil, kot na možnega sovražnika)? In če nočemo konfrontacije preko orožja pomeni, da bi se morali truditi za to, da bi lahko tudi v Rusiji nasprotniki vojne izrazili svoja stališča? A ne mislimo, da bi ruska vlada to tolmačila kot vmešavanje v notranjo politiko (odgovor na to, mimogrede, obstaja že od leta 2012, ko je ruska država sprejela zakon o takoimenovanih tujih agentih, s katerim je v naslednjih letih v bistvu obglavila rusko civilno družbo). Ker drugače če v Trstu Berlinu Parizu in ne vem še kje manifestiraš za mir in tega na drugi strani ni se stvar dokaj slabo konča. Evropi večkrat se očita, da je bila preveč agresivna do Rusije. Morali bi ponovno vzpostaviti stike, politične in gospodarske. Če bi se gospodarstvo povezalo sovraštvo ne bi bilo več. No, kaj pa smo delali do leta 2022? ni bila odvisnost od ruskega plina tudi vezana na prepričanje, da bo tok denarja preprečil vojno? Smo videli kako se je stvar končala. Pa še, če smo res v stanju, da si moramo danes postavljati vprašanje, ali je največja država NATA sploh še zanesljiv zagovornik in bi si želeli alternativo sem prepričan, da bi slednja morala slediti na doslednejšem izvajanju načel, ki naj bi jih Evropa zagovarjala. A tudi na pripravljenosti, da tista načela brani.

Zdravstveno stanje Evrope je vse prej kot dobro. Centrifugalnih sil je še in še, kar je povsem legitimno, saj sloni Evropa na prostovoljnem združevanju, prej me skrbi da so ponavadi te centrifugalne sile iste, ki bi se skupaj z Evropo rešile cele vrste zadev, ki jih mi predpostavljamo. Demokracije npr. Ne vidim velikih voditeljev, ki bi bili kos takemu izzivu, pa vendar brez Evrope se situacija ne bo izboljšala (in to velja mimogrede predvsem za majhne narode in države, ki brez skupnega okvira postanejo enostavno majhne ribice v morju, kjer je en kup večjih). Zdi se mi, da preveč stvari predpostavljamo in ne upoštevamo, da so vse prej kot zagotovljene. Npr. predpostavljamo, da se mi lahko svobodno odločamo o Evropi, o NATU itd (če ne drugo bi hotel dobiti med svojimi prijatelji nekoga, ki ne bi načelno trdil, da to ne sme biti prisila). Po drugi strani pa odrekamo baltskim državam (oz. jim očitamo za preteklost) ali Ukrajini danes isto pravico, ki naj bi jo imela država v kateri živimo. Italija se lahko prosto odloči (ali pa, za tiste, ki se z Natom ne strinjajo, bi morala imeti prosto odločitev o odcepitvi). Slovenija tudi; če pa se baltske države ali Ukrajina odločijo za vstop je to zaradi imperializma ZDA, ne mogoče ker so se tisti narodni posluževali iste pravice do odločanja, ki jo za nas predpostavljamo. Ukrajina, kot mimogrede katerakoli država, je vse prej kot perfektna (niti države v katerih mi živimo niso perfektne). Ampak če sprejmemo načelo, da je imperfektnost zadostna krivda, da doživi tak napad – in plača ves davek tega napada – kot ga je doživela v zadnjih treh letih, no res nima smisla, da bi za Evropo sploh manifestirali. Saj smo jo že zgubili po poti.

Pripis 1, odločitve moje stranke v evropskem parlamentu: če zagovarjaš politično Evropo igro moraš igrati na tistem igrišču. Torej če glasuješ drugače od skupine, kateri pripadaš (in katere si največja delegacija) se moraš zavedati, da je to hud problem. Ki je lahko celo opravičljiv in ima dobre razloge; ampak če ne nadaljuješ debate od te ugotovitve in se zgubljaš v neumnostih o notranjih strujah stranke no… pri zrelostnem izpitu verjetno ravno laskave ocene ne bi dobil.

Pripis 2, manifestacija. Ok v Rimu in hvalevredna pobuda, potrebovali pa bi istočasne manifestacije po vsej Evropi, saj se jo tudi na tak način gradi, z istim geslom, od Lizbone do Helsinkija. Predvsem pa na mejnih prehodih in na mejnih območjih. Ko bomo podporniki evropskega združevanja to končno dojeli in se posledično ravnali bo naš glas desetkrat glasnejši.”

Riqualificazione di piazza del Perugino, mozione della consigliera dem Valentina Repini

Riqualificazione di piazza del Perugino, mozione della consigliera dem Valentina Repini

La consigliera comunale del Partito Democratico Valentina Repini ha presentato una mozione per la riqualificazione di Piazza del Perugino, un’area che nel corso degli anni ha subito un progressivo degrado e che necessita di un intervento strutturale per restituirle vivibilità e funzione sociale.
Nella sua mozione, la consigliera Repini ha evidenziato come le periferie siano spesso caratterizzate da fenomeni di marginalità, insicurezza e carenza di servizi adeguati. La rigenerazione urbana rappresenta uno strumento chiave per contrastare questi problemi, attraverso interventi mirati che migliorino la qualità della vita dei residenti.

Piazza del Perugino un tempo era un luogo di aggregazione e vitalità, ma oggi si presenta come un’ampia distesa di cemento, priva di verde e di spazi adeguati perla socialità. È fondamentale restituire ai cittadini un luogo vivibile, accogliente e sicuro”.

Lo ha dichiarato la consigliera Repini.

Gli obiettivi della mozione riguardano l’avvio di un progetto di riqualificazione per trasformare Piazza del Perugino in uno spazio verde e attrezzato, migliorandone accessibilità, sicurezza e vivibilità coinvolgendo la Quinta Circoscrizione e la cittadinanza nella fase di progettazione, garantendo così un percorso partecipativo e condiviso.

Si chiede inoltre di promuovere la sostenibilità ambientale attraverso la piantumazione di alberi, l’inserimento di aree verdi e la creazione di spazi per il raffrescamento naturale e di riorganizzare gli spazi per favorire la socialità, dotando la piazza di arredi urbani adeguati, aree gioco per bambini, spazi per eventi culturali e percorsi accessibili per persone con disabilità.

La riqualificazione andrebbe inoltre integrata con misure di sicurezza urbana, come un’illuminazione adeguata e la sorveglianza degli spazi da parte delle forze dell’ordine. 

I residenti attendono da anni un intervento che possa restituire dignità e funzionalità a questa piazza. La riqualificazione di Piazza del Perugino non è solo un atto dovuto, ma un’opportunità per migliorare il decoro urbano e la qualità della vita di tutto il quartiere”.

Ha concluso Repini.

La mozione è sostenuta dei consiglieri comunali dem Štefan Čok, Francesco Russo e Luca Salvati che condividono la necessità di un intervento tempestivo per restituire alla cittadinanza uno spazio pubblico decoroso e fruibile. Entrambi hanno sottolineato l’importanza di un approccio integrato e partecipativo nella rigenerazione urbana, auspicando un rapido avvio del processo di riqualificazione.

Sicurezza: Salvati (PD), Sindaco Trieste vive un in mondo parallelo

Sicurezza: Salvati (PD), Sindaco Trieste vive un in mondo parallelo

“Sembra che il sindaco Dipiazza e l’assessora alla sicurezza De Gavardo vivano in una realtà parallela colorata di rosa e senza violenza. La nostra richiesta di reintrodurre la figura del vigile di quartiere risale a più di un anno fa, si sono uniti anche membri della maggioranza ma è tutto ancora fermo. Con quanto accade ogni giorno non si può aspettare ancora”.

Il consigliere comunale Luca Salvati (PD) sollecita la Giunta Dipiazza dopo gli ultimi episodi di violenza di strada, vandalismo microcriminalità avvenuti a Trieste.

Il sindaco si decida finalmente ad andare in prefettura faccia arrivare al Viminale la richiesta precisa di adeguare all’organico il personale delle forze dell’ordine sul territorio e magari spieghi che lo spiegamento sul confine è una vignetta ridicola. E torniamo a chiedere che l’assessore comunale alla Sicurezza chieda all’assessore regionale Roberti di dare una mano vera alla sua città non solo annunci, proclami.

Purtroppo il sindaco ha lasciato le redini dell’amministrazione per le dichiarazioni roboanti, non fa sintesi della città e non risponde al disagio dei triestini. Un lavoro che non fanno nemmeno alcuni componenti della Giunta comunale, che amano le conferenze stampa ma poi non incidono.

La questione della sicurezza è sempre più urgente, i cittadini parlano preoccupati dei casi di crimini di strada, furti, risse, che avvengono ogni giorno ma l’assessore delegato si compiace di esporre al pubblico l’organigramma della sua area”.

Conclude Salvati.

IV Circoscrizione: PD esprime scetticismo sulla mozione FdI sul «controllo di vicinato»

IV Circoscrizione: PD esprime scetticismo sulla mozione FdI sul «controllo di vicinato»

Nella seduta di ieri della IV Circoscrizione, il capogruppo di Fratelli d’Italia ha presentato una mozione per sperimentare il “controllo di vicinato” come strumento per migliorare la sicurezza in città. Tuttavia, come Partito Democratico, esprimiamo forte scetticismo riguardo a questa proposta per diverse ragioni.

Una misura che rischia di essere solo una foglia di fico poiché non accompagnata da alcuna strategia strutturale per la sicurezza.”

Lo dichiara Luca Bressan, capogruppo PD in IV Circoscrizione.

Negli ultimi tempi, Trieste ha assistito a numerosi episodi preoccupanti: spaccate nel centro città (gli ultimi casi in via Malcanton e via Lazzaretto), furti nei rioni di San Vito e Campi Elisi, danneggiamenti alle auto in sosta e ripetuti scippi. Di fronte a questa escalation, limitarsi a invocare il “controllo di vicinato” significa scaricare il problema direttamente sui cittadini invece di proporre soluzioni concrete.

La destra governa Trieste dal 2016, la Regione dal 2018 e il Paese dal 2022 eppure la sicurezza continua a essere un problema. Se hanno fallito, lo dicano chiaramente, senza delegare il compito ai residenti.”

Prosegue Bressan.


Riteniamo che un confronto con le forze dell’ordine sarebbe stato prioritario per valutare la reale utilità di questo strumento. Ci risulta infatti che anche tra gli operatori della sicurezza ci siano forti perplessità, soprattutto a fronte dei continui tagli alle risorse.

Sicuramente organizzeremo un momento di approfondimento con gli esperti per capire assieme a loro gli strumenti più adatti a contrastare questo preoccupante fenomeno”

Ha dichiarato il Presidente della IV Circoscrizione Marco Rossetti Cosulich.

Per noi, il “controllo di vicinato” potrebbe, al massimo, affiancarsi ad altre misure più incisive, ma non sostituire il necessario presidio del territorio. Servono più agenti, una valutazione dell’efficacia dell’armamento della polizia municipale. Inoltre, sarebbe utile l’istituzione del poliziotto o vigile di quartiere per un controllo più capillare.

Proprio per questo, nella stessa seduta la consigliera Coricciati ha presentato una mozione (sottoscritta dall’intero gruppo del PD) che chiede un maggiore presidio del territorio.

I cittadini si sentono insicuri e, visti i fatti di cronaca, hanno ragione. Non si può uscire di casa sperando di non trovarla a soqquadro, né lasciare la propria auto e ritrovarla vandalizzata. Serve un’azione immediata da parte di chi ha la responsabilità di garantire la sicurezza.”

Afferma Coricciati.

Questa mozione, approvata dal consiglio, rappresenta un’iniziativa concreta per affrontare il tema della sicurezza con misure efficaci e strutturali.
Per quanto riguarda la proposta di Fratelli d’Italia, abbiamo scelto di astenerci, ritenendola insufficiente e potenzialmente controproducente.

Trieste e i suoi “finalmente”: il PD riflette sulla gestione della città    

Trieste e i suoi “finalmente”: il PD riflette sulla gestione della città    

Lettera pubblicata da Il Piccolo giovedì 13 marzo 2025, inviata a doppia firma da Maria Luisa Paglia, Segretaria provinciale e Giovanni Barbo, capogruppo PD in Comune. 

 

Il concetto di “finalmente”, richiamato dal direttore del Piccolo, descrive bene la realtà di Trieste: una città in cui ogni traguardo viene raggiunto con tempi eccessivamente lunghi, tra annunci ripetuti e continui rinvii.

La nuova sede di Esatto annunciata per giugno 2023 è stata inaugurata a marzo 2025.

L’inaugurazione della nuova sede di Esatto, avvenuta il 7 marzo, è solo l’ultimo esempio. Un risultato positivo, certo, ma che arriva dopo ritardi e date promesse e poi disattese: giugno 2023, febbraio 2024 e infine marzo. E non è un caso isolato.

Questa Giunta e il Sindaco ci hanno ormai abituati a opere pubbliche annunciate con toni trionfalistici e poi rimandate, spesso senza spiegazioni chiare. Certamente gli imprevisti possono capitare e non tutto dipende dalla politica, ma quando i ritardi diventano la regola, chi governa la città dovrebbe assumersi le proprie responsabilità, evitando proclami prematuri e infondati.

Se allarghiamo lo sguardo proprio intorno alla nuova sede di Esatto, la situazione non cambia. La piscina terapeutica crollata sei anni fa è ancora una spianata vuota, nonostante le promesse di ricostruzione.

Il mercato ortofrutticolo ha visto annunci di nuove sedi che poi non si sono concretizzate, con l’assurdo paradosso di un immobile acquistato dal Comune e poi rivenduto.

L’ex Fiera è un altro simbolo dell’immobilismo: nel 2019 l’attuale maggioranza ha approvato una variante urbanistica che ha aumentato il valore dell’area, giustificandolo con la realizzazione di spazi pubblici come giardini e aree gioco. A distanza di anni, però, quelle opere non sono nemmeno iniziate e ora apprendiamo della rivendita.

Tutto questo non può che destare preoccupazione quando si parla del futuro di Porto Vecchio. Siamo d’accordo con chi, da Fedriga a Dipiazza, lo definisce un’opportunità unica e irripetibile per Trieste. Ma se l’amministrazione ha gestito in questo modo i progetti finora elencati, come possiamo fidarci che saprà gestire un’occasione così importante?

A questo proposito, vale la pena ricordare l’emendamento Russo del 2014 alla legge di stabilità, che ha reso possibile la sdemanializzazione di Porto Vecchio. All’epoca, il centrodestra e lo stesso Fedriga si opposero a questa decisione, salvo poi cambiare idea nel tempo. Da allora sono trascorsi nove anni: è fondamentale non perderne altrettanti per dare finalmente a quest’area un futuro chiaro e prospero, trasformandola in un vero volano di sviluppo per la città.

Siamo d’accordo con le dichiarazioni di Fedriga e Dipiazza che vedono in Porto Vecchio un’area che necessita di un progetto di portata europea, il più grande intervento di riqualificazione urbana sul mare a livello nazionale. Un’opportunità enorme per Trieste e per chi deciderà di investire. Tuttavia, il curriculum della Giunta in materia di gestione dei progetti pubblici non è rassicurante: come possiamo non essere preoccupati della capacità di portare a termine una sfida così rilevante?

Ad oggi, dopo anni di attesa, l’unica proposta concreta per tutta l’area è quella di Costim. Tutte le altre 60 proposte pervenute riguardavano solo porzioni limitate del sito e non offrivano una visione complessiva. Ma se Porto Vecchio è davvero una risorsa straordinaria, come mai non è stato capace di attrarre grandi investitori internazionali? La Giunta ha partecipato più volte alla fiera di Cannes per promuovere l’area, ma i risultati sono ancora insufficienti. E quindi chiediamo a Comune e Regione di pianificare e realizzare una campagna di promozione internazionale della gara di alto livello per poter poi dire che, finalmente, si sarà riusciti ad attrarre a Trieste il migliore imprenditore che avremmo potuto avere.

E se l’obiettivo è davvero quello di far diventare Porto Vecchio un motore di sviluppo per la città, non basta riempire gli spazi: bisogna creare opportunità per il lavoro e per i giovani.

Per questo chiediamo che il progetto non si limiti a un’operazione immobiliare, ma preveda l’insediamento di aziende innovative, il rafforzamento del settore universitario e della ricerca, e un’offerta residenziale diversificata, che contempli anche soluzioni accessibili per lavoratori e giovani, e non solo abitazioni di lusso.

Se vogliamo davvero dire “finalmente” con soddisfazione e non con rassegnazione, serve un cambio di metodo. Proponiamo quindi l’istituzione di un tavolo di confronto che coinvolga esperti di vari settori, investitori, professionisti, architetti e cittadini, garantendo trasparenza e ambizione nel progetto. Perché solo con una visione condivisa, seria e ambiziosa, possiamo garantire che Porto Vecchio diventi davvero quel volano di sviluppo che Trieste aspetta da troppo tempo.

 

Maria Luisa Paglia – Segretaria PD Trieste

Giovanni Barbo – Capogruppo PD Comune

Area ex fiera, marciapiedi dissestati e promesse non mantenute: i cittadini chiedono risposte celeri

Area ex fiera, marciapiedi dissestati e promesse non mantenute: i cittadini chiedono risposte celeri

Alcuni cittadini hanno segnalato al Comune lo stato di degrado dei marciapiedi intorno alle loro abitazioni, ricevendo in risposta che «la situazione è nota», ma non si interviene perché le opere rientrano nei lavori di urbanizzazione a scomputo della ex Fiera. Purtroppo, i lavori non sono interventi eseguibili in regia diretta.

“Secondo le dichiarazioni del Sindaco Di Piazza, i lavori di riqualificazione dell’ex Fiera sarebbero dovuti partire già nell’ultima settimana di febbraio. Tuttavia, ad oggi nulla si è mosso, e i cittadini si chiedono se sia accettabile continuare a subire ritardi e promesse non mantenute. I residenti chiedono tempistiche certe ed affidabili: è dal 2017 che assistono a dichiarazioni e rinvii, ma la situazione resta invariata. Non possono più accettare questa presa in giro.”

Lo ricorda Laura Famulari, consigliera comunale PD. 

L’auspicio è che il Comune prenda finalmente provvedimenti concreti, mettendo fine a una situazione di degrado che si protrae da troppo tempo.

Variazione di bilancio: ancora tanti annunci a coprire i fallimenti della Giunta

Variazione di bilancio: ancora tanti annunci a coprire i fallimenti della Giunta

Il 5 marzo è stata presentata la variazione di bilancio. Se non fa notizia che per l’ennesima volta la giunta calpesti la dignità del Consiglio Comunale andando prima in conferenza stampa e solo dopo in Consiglio, il dato politico sempre più evidente è che il vero Sindaco oggi è Everest Bertoli, con buona pace degli alleati, Fratelli d’Italia in primis.”

Così Giovanni Barbo, capogruppo dem, sulla conferenza stampa di ieri.

Prima Bertoli ha tagliato fuori Dipiazza e tutti i colleghi di giunta dalla partita sul Porto Vecchio, ieri ha illustrato un’operazione che riguarda in larga parte i Lavori Pubblici, ovvero il settore più disastroso e disastrato di questi ultimi anni: centinaia di annunci smentiti poi da una realtà fatta di poco o nulla.

Andando sui contenuti, spicca come, con il tram di nuovo fermo dopo la ripartenza a “soli” otto anni e mezzo dall’incidente, continuino a crescere i costi ad esso relativi.

Sul project financing per la piscina di San Giovanni non abbiamo notizie e ci chiediamo se verranno garantite le medesime condizioni d’accesso agli utenti, che oggi ne fanno un importante riferimento sociale oltre che sportivo.

Sull’Urban Center già in sede di bilancio preventivo avevamo manifestato perplessità sull’efficacia di quello che nei piani dovrebbe essere un incubatore di start up innovative.

Rispetto alla Foiba di Basovizza, giustamente oggetto di un ulteriore investimento, trattandosi di Monumento Nazionale avrebbe senso ragionare sulla gestione diretta da parte di un Ente Pubblico.

Emergenza medici di famiglia, PD: situazione grave anche a Trieste

Emergenza medici di famiglia, PD: situazione grave anche a Trieste

Il problema della carenza di medici di famiglia è grave anche a Trieste ed è noto ormai da alcuni anni.

Da tempo chiediamo con forza a Regione e azienda sanitaria di lavorare a delle soluzioni urgenti, per dare risposte ai tanti cittadini senza medico, e contestualmente a delle soluzioni strutturali per superare il problema a medio termine. Molte cose si potrebbero già fare senza attendere soluzioni miracolose dal governo nazionale che, al contrario, alimenta un dibattito talmente confuso e superficiale da creare ancor più incertezza tra i giovani medici che vengono così ulteriormente disincentivati a intraprendere il percorso per diventare medico di medicina generale.

Si esprime così il Forum Salute e Welfare del PD di Trieste.

La Regione ascolti i professionisti e chi li rappresenta e dia finalmente le risposte che servono ai cittadini!”

Conclude Maria Luisa Paglia, segretaria del Pd di Trieste.

Ricreatori: Salvati (Pd), De Blasio batta i pugni in Regione

Ricreatori: Salvati (Pd), De Blasio batta i pugni in Regione

L’assessore De Blasio batta i pugni in Regione per avere fondi e riavviare le convenzioni con i soggetti terzi come le società sportive, dato il buon esito della sperimentazione nel periodo Covid. Ascolti i genitori che sollecitano affinché il progetto ‘growing up’ dedicato alla fascia 11 ai 16 anni sia scorporato dal Ricrestate. Il servizio educativo ascolti i ragazzi e le famiglie per progettare un’offerta più adeguata ai tempi di oggi e quindi più appetibile, se vogliamo che i ragazzi ci vadano”.

Sono alcune delle osservazioni del consigliere comunale del Pd Luca Salvati, oggi all’esito della riunione della commissione dedicata ai centri estivi comunali.

Pur esprimendo apprezzamento verso l’assessore comunale con delega all’Educazione De Blasio e ai suoi uffici per aver recepito il lavoro svolto nelle commissioni richieste dall’opposizione in questi anni, con cui è potuto arrivare al punto di oggi, Salvati ha formulato una serie di richieste alla luce della esigenza di assorbire il maggior numero di richieste possibili da parte delle famiglie che si trovano a dover fronteggiare sempre maggiori spese e spesso non riescono a mandare i propri figli a centri estivi privati.

“Valutiamo positivamente il fatto che è stato accolto il criterio dell’iscrizione al ricreatorio in base a un certo punteggio, ma va sottolineato che la mera iscrizione va distinta dalla frequenza”.

Così conclude Salvati.

Scuole Sauro-Spaccini: rischio mancato rientro e perdita fondi PNRR?

Scuole Sauro-Spaccini: rischio mancato rientro e perdita fondi PNRR?

Sono due tra i molteplici quesiti rivolti alla Giunta Dipiazza dalla consigliera comunale Rosanna Pucci, riguardo alla situazione stagnante che sta caratterizzando ormai da troppo tempo l’intervento di ristrutturazione del complesso scolastico Sauro-Spaccini-Dante di via Tigor n.3, via Colonna n.1 e via Madonna del mare n.11.

Tutta la comunità scolastica è preoccupata: genitori, insegnanti, educatori si chiedono se questi ritardi nei lavori inficeranno nel rientro, previsto per l’anno scolastico 2026-27, dei bambini nelle loro scuole originarie a San Vito. E condivido con loro una certa apprensione, dopo aver letto gli atti relativi alla perizia suppletiva e di variante, risalenti allo scorso ottobre, da cui emerge una serie di nuovi interventi da apportare.” 

Lo afferma la consigliera comunale dem, Rosanna Pucci, che ha dato seguito formale depositando un’interrogazione comunale. 

Il ritardo dei lavori

Fino a ottobre 2024, lo scavo per la formazione delle strutture di fondazione non era stato ancora iniziato, e la situazione richiedeva, inoltre, interventi migliorativi per la resistenza e la funzionalità delle murature portanti, una diversa modalità di scavo archeologico richiesto dalla Soprintendenza archeologica, belle arti e paesaggio, saggi stratigrafici, la rimozione di pavimenti in vinile-amianto, il trasporto di elementi lapidei ecc..

Un elenco di interventi che, di fatto, ha aumentato i costi di circa 450 mila euro, ma soprattutto ha spostato i termini di ultimazione lavori al 19 ottobre 2025, ben tre mesi dopo quelli previsti.

Ma se dalla perizia di ottobre scorso, i lavori si sono fermati ulteriormente, ad oggi sono sospesi, è logico pensare che la loro conclusione slitterà conseguentemente, ed è altrettanto lecito nutrire dei dubbi rispetto alla data di rientro degli alunni a scuola e dei termini imposti per i fondi PNRR.

E proprio per avere delle risposte certe da parte dell’amministrazione comunale, è stata predisposta un’interrogazione a prima firma Pucci su questa questione infinita.

Nell’eventualità, non augurata che i lavori continueranno per anni, invito la Giunta comunale a trovare per tempo un edificio scuola-contenitore a San Vito, ad esempio la (scuola “De Amicis” di via Combi, perché gli alunni, i genitori e gli insegnanti hanno il diritto di sapere con certezza i prossimi sviluppi che riguarderanno la loro scuola, anche per poter programmare con serenità la loro vita”.

Conclude la consigliera Pucci.

La risposta controversa dell’assessore Lodi

Rispondendo all’interrogazione l’assessore Lodi respinge le critiche ritenendo che non sussistano situazioni stagnanti ma normali contrattempi tipici dei lavori svolti su immobili vincolati. In questo caso lo stop si è reso necessario per riadattare le opere strutturali ai reperti archeologici rinvenuti sotto la palestra.

Non sfugge però che l’assessore abbia fissato il termine dei lavori in tempo utile per l’anno scolastico 2026-2027, spostandolo di dodici mesi rispetto alle sue recenti dichiarazioni, pericolosamente a cavallo del limite tassativo imposto dalla rendicontazione dei progetti sostenuti dal PNRR, cioè il 30 giugno 2026.  

Non sfugge neppure che i lavori siano fermi da ben quattro mesi e che l’assessore nulla abbia chiarito in merito ai costi che, con il prolungarsi del cantiere, saranno inevitabilmente destinati a salire.

Certo che anche l’intervento sulla Sauro-Spaccini si va ad aggiungere al lungo elenco di appalti mal gestiti dall’assessorato ai lavori pubblici, come la galleria Foraggi, l’ex caserma di Roiano, il ponte sulle rive, il tram di Opicina per fare degli esempi.