Una riflessione di Štefan Čok
E’ un testo lungo, scusate.
Quando qualche settimana fa è stato annunciato che oggi si sarebbe tenuta una manifestazione a sostegno dell’Europa, mi sono subito convinto a partecipare, fisicamente o almeno idealmente. Poi elencherò una lunga serie di cose che secondo me non vanno. Ma sono davvero convinto che l’idea di un’Europa unita sia sotto attacco, e con essa tutti noi che ci viviamo. Molti possono non essere d’accordo, e io lo rispetto. Ma ne sono davvero convinto e spero quindi di ricevere lo stesso rispetto. C’è uno Stato a Est che sostanzialmente rifiuta tutti i principi su cui si fonda l’Europa unita: pluralismo politico, libertà di parola e di pensiero, democrazia, tolleranza, stato di diritto, separazione dei poteri. In Occidente, un altro Paese la cui superiorità globale era la base su cui poteva emergere un’Europa di questo tipo (non nel senso che ne favorisse in maniera particolare l’unificazione, ma potevamo permetterci di fare molte cose in Europa perché altri – a volte nel bene, spesso nel male – regolavano la politica mondiale), quest’altro Stato dicevo nelle ultime settimane, ma come conseguenza di processi a lungo termine, ha preso una strada che mette seriamente in discussione il suo impegno nei confronti dei principi che ho elencato prima. E semplicemente non esistono altre entità di dimensione continentale che permettano l’esistenza di questi principi. Ecco, questo mi sembra un motivo sufficiente per rispondere affermativamente alla richiesta di un’Europa unita.
Sono andato al confine per esprimere simbolicamente la mia adesione all’ideale europeo, proprio perché penso che molte volte abbiamo perso la nobiltà di questo ideale lungo il cammino, ad esempio quando abbiamo rapidamente accettato l’idea che l’area Schengen non fosse, dopo tutto, una cosa così importante. O che chi è diverso da noi è un pericolo. O ancora quando ci siamo accontentati delle note sirene del localismo e dell’egoismo, invece di affrontare i problemi come un noi comune. E poiché penso che questa Europa vada cambiata radicalmente, ma per cambiarla dobbiamo anche mantenerla viva, penso che vada anche difesa. Contro la disintegrazione interna. E dalla minaccia di attacchi esterni, non solo fisici – anche se questi ultimi sono chiaramente tornati accettabili – ma anche attraverso la fomentazione di movimenti di estrema destra (che non nascono solo per questo motivo, ma certamente ne traggono ulteriore forza), attraverso un’intolleranza aggressiva che suggerisce che le differenze, sessuali, religiose, etiche, o altro, sono un pericolo che mette in questione i valori tradizionali.
E questo mi porta alla questione del mio rapporto con la Russia. Amo la cultura russa. Ho un autore russo nella mia top list di scrittori preferiti. Alcune delle persone che ho incontrato nella mia vita e che stimo di più provengono dalla Russia. Sono stato in quel Paese solo una volta e mi chiedo quando (o addirittura se) riuscirò a tornarci. E amo la lingua russa, anche se la afferro solo un po’ tramite lo sloveno e non ho ancora iniziato a impararla seriamente. Ma proprio per questo (e non nonostante) sono convinto che l’attuale governo russo sia pericoloso. Il che non vuol dire che io sostenga che dovrebbe cambiare (e su questo punto ci sarà da discutere più avanti), ma che sia un pericolo non ho dubbi. So che è percepito come un pericolo dalle società dei Paesi baltici e dell’Europa orientale e, poiché credo nell’Europa, devo farmi carico di questa preoccupazione, anche per poter sottolineare in modo più efficace che il problema è la politica del governo russo, non il popolo russo, e che, di conseguenza, l’unica politica sensata nei confronti delle comunità russe al di fuori della Russia sarebbe quella di rispettare i loro diritti in modo ampio, perché questo sarebbe un mezzo davvero meraviglioso per combattere le aggressioni.
Guardo con preoccupazione al dibattito sugli armamenti dell’Europa; guardo con preoccupazione a qualsiasi possibilità che questo possa significare una rinascita del sistema dei 27 Paesi che lavorano insieme (o almeno si suppone che lo facciano) piuttosto che unire realmente le forze; guardo con preoccupazione perché sono consapevole non solo delle disuguaglianze e delle ingiustizie che stanno corrodendo la società europea, ma anche del fatto che la grande sfida del XXI secolo, il cambiamento climatico, è praticamente passata completamente nel dimenticatoio. Eppure, nonostante la mia preoccupazione, non posso fare a meno di chiedermi se questo dibattito non sia dopotutto necessario. E se voglio una risposta a questa domanda, devo chiedermi cosa sta succedendo dall’altra parte di questo ipotetico conflitto, e penso in particolare alla Russia. Ed è una domanda che si rivolge anche a quelle tante persone che stimo profondamente e che, in questi giorni, manifestano, parlano, scrivono, contro gli armamenti con convinzione. Il prerequisito per il disarmo è che entrambe le parti siano d’accordo; il prerequisito per la pace è la disponibilità ad essa. Dove sono le manifestazioni per la pace in Russia? Dove sono gli appelli della società civile russa a fermare la guerra in Ucraina? La risposta è molto semplice. Non ci sono perché il governo non le permette. Ecco quindi la domanda per coloro che sostengono una posizione di principio per il mantenimento della pace, cioè il no a qualsiasi arma: tutto questo si basa sulla fiducia nel governo russo? O richiederebbe anche un’opzione per i molti settori della società russa che non vogliono la guerra (e non ho dubbi che ce ne siano, anche tra coloro che vedono l’Occidente, qualunque cosa sia, come un potenziale nemico)? E se non vogliamo il confronto con la forza delle armi, significa che dovremmo cercare di fare in modo che anche gli oppositori della guerra in Russia possano esprimere le loro opinioni? Ma non pensiamo che il governo russo interpreti questo come un’interferenza nella politica interna (la risposta a questo, tra l’altro, esiste dal 2012, quando lo Stato russo ha approvato una legge sui cosiddetti agenti stranieri, tramite la quale negli anni successivi ha sostanzialmente decapitato la società civile russa). Perché altrimenti, se si manifesta per la pace a Trieste, a Berlino, a Parigi e non so dove altro, e dall’altra parte questo non succede, si finisce piuttosto male. L’Europa è spesso accusata di essere troppo aggressiva nei confronti della Russia. Dovremmo ristabilire i contatti si dice, sia politici che economici. Se le economie fossero collegate, non ci sarebbe più ostilità. Ebbene, cosa abbiamo fatto fino al 2022? La dipendenza dal gas russo non era forse legata anche alla convinzione che il flusso di denaro avrebbe evitato la guerra? Abbiamo visto come è andata a finire. In ogni caso, se siamo davvero nelle condizioni di doverci chiedere se il più grande paese della NATO sia oggi ancora un interlocutore affidabile e vorremmo un’alternativa sono però anche convinto che quest’ultima dovrebbe poggiare su una più coerente attuazione dei principi che l’Europa dovrebbe sostenere. Ma anche sull’esser pronti a difenderli.
Lo stato di salute dell’Europa è tutt’altro che buono. Ci sono forze centrifughe, tantissime, il che è perfettamente legittimo, perché l’Europa si basa su un’associazione volontaria, ma sono piuttosto preoccupato che queste forze centrifughe siano di solito le stesse che, insieme all’Europa si libererebbero anche di tutta una serie di cose che noi diamo per assodate. Non vedo grandi leader all’altezza di una simile sfida, eppure senza l’Europa la situazione non migliorerà (e questo vale, tra l’altro, soprattutto per le piccole nazioni e i Paesi che, senza un quadro comune, diventano semplicemente dei pesci piccoli in un mare in cui ci sono un mucchio di pesci più grandi). Mi sembra che diamo per scontate troppe cose e non teniamo conto che sono tutt’altro che garantite. Ad esempio, diamo per scontato che siamo liberi di decidere sull’Europa, sulla NATO, ecc. (se non altro sarei curioso di trovare tra i miei amici qualcuno che non sostenesse per principio che questa non dovrebbe essere una coercizione). D’altra parte, neghiamo ai Paesi baltici (o li incolpiamo per il passato) o all’Ucraina di oggi lo stesso diritto che dovrebbe avere il Paese in cui viviamo. L’Italia è libera di decidere (o, per chi non è d’accordo con la NATO, dovrebbe essere libera di decidere di uscirne). Anche la Slovenia; ma se i Paesi baltici o l’Ucraina decidono di aderire, è a causa dell’imperialismo statunitense, non forse perché quelle nazioni hanno esercitato lo stesso diritto di decidere che noi assumiamo per noi. L’Ucraina, tra l’altro, come ogni Paese, è tutt’altro che perfetta (anche i Paesi in cui viviamo non sono perfetti); ma se accettiamo il principio che l’imperfezione è una colpa sufficiente per subire un attacco – e per pagarne tutto lo scotto- come quello che ha subito negli ultimi tre anni, beh, non ha proprio senso manifestare per l’Europa. L’abbiamo già persa per strada.
PS 1: le decisioni del mio partito al Parlamento europeo: se sei a favore di un’Europa politica, devi giocare la partita su quel campo. Quindi se voti in modo diverso dal gruppo a cui appartieni (e di cui sei la delegazione più numerosa) devi essere consapevole che questa è una faccenda seria. Il che può anche essere giustificabile e dovuto a buone ragioni; ma se non si prosegue il dibattito da questa constatazione e ci si perde in sciocchezze sulle correnti interne del partito, beh… probabilmente non si otterrebbe un voto molto lusinghiero all’esame di maturità.
PS 2 La manifestazione. Ok a Roma, iniziativa lodevole, ma avremmo bisogno di manifestazioni in contemporanea in tutt’Europa, anche perché la si fa anche in questo modo, con lo stesso slogan, da Lisbona a Helsinki. Ma soprattutto ai valichi di confine e nelle aree di confine, dato che l’ideale europeo si realizza qui (e se non si realizza qui non si realizzerà neanche altrove). Quando i sostenitori dell’unificazione europea finalmente lo capiremo e agiremo di conseguenza la nostra voce sarà dieci volte più forte.
Branimo Evropo, da bi jo lahko spremenili: zaveza za našo prihodnost.
Razmišljanje Štefana Čoka
Besedilo je dolgo, opravičujem se.
Ko so pred nekaj tedni napovedali, da bo danes potekala manifestacija v podporo Evropi sem bil takoj prepričan, da bom sodeloval, fizično ali pa vsaj idejno. Potem bom naštel dolg seznam stvari, s katerimi mislim da nekaj ne gre. Ampak res sem prepričan, da je ideja združene Evrope pod udarom in z njo tudi vsi mi, ki v njej živimo. Marsikdo se bo mogoče s tem ne strinjam, spoštujem. V to pa sem gotovo prepričan, upam da bom deležen istega spoštovanja. Na vzhodu obstaja država, ki v bistvu zavrača vsa načela, na katerih je združena Evropa zgrajena: politični pluralizem, svoboda govora in mišljenja, demokracija, strpnost, pravna država, delitev oblasti. Na zahodu je druga država, katere svetovna premoč je bila podlaga, da je lahko taka Evropa nastala (ne v smislu, da bi jo posebno podprla, privoščili pa smo si lahko marsikaj v Evropi ker so drugi – včasih v dobrem, večkrat v slabem – urejali svetovno politiko), ta druga država v zadnjih tednih, a kot posledica dolgoročnih procesov, ubrala tako smer, ki resno postavlja pod vprašaj njeno zaverovanost v principe, ki sem jih prej naštel. In drugih subjektov celinske razsežnosti, ki bi dopuščali obstoj tistih načel, enostavno ni. No, to se mi zdi dovolj dober razlog, da bi odgovoril pritrdilno na poziv za združeno Evropo.
Šel sem simbolično izraziti svojo pripadnost evropskemu idealu na mejo, prav ker mislim, da večkrat smo zgubili po poti plemenitost tega ideala, npr. ko smo se kar hitro sprijaznili z idejo, da šengenski prostor ni, konec koncev, tako pomembna stvar. Ali pa da tisti, ki so različni od nas, so nevarnost. Ali pa tudi ko smo pristali na dobro poznane sirene lokalizmov in šebičnosti, namesto da bi obravnavali probleme kot skupni mi. In ker mislim da je to Evropo treba korenito spremeniti, a da jo spremenimo jo moramo tudi obdržati pri življenju, mislim da jo je tudi treba braniti. Pred notranjim razpadom. In pred grožnjo zunanjega napada, ki ni samo fizični – kljub temu, da je slednji očitno postal ponovno sprejemljiv – temveč tudi preko podpihovanja skrajno desnih gibanj (ki ne nastanejo samo zaradi tega, gotovo pa od tega dobijo dodatno moč), preko agresivne nestrpnosti, ki namiguje na to, da so različnosti, spolne, verske, etične, katerekoli, nevarnost, ki postavlja pod vprašaj tradicionalne vrednote.
In tu pridem do vprašanja odnosa do Rusije. Rusko kulturo ljubim. V (naj)ožji seznam mojih najljubših pisateljev sodi ruski avtor. Nekatere izmed oseb, ki sem jih spoznal v življenju in jih največ spoštujem, so iz Rusije. Samo enkrat sem bil v tisti državi in se sprašujem kdaj (in sploh če) se bom lahko tja vrnil. In ruski jezik obožujem, kljub temu da ga le malce lovim preko slovenščine in se ga nisem še začel resno učiti. A prav zaradi tega (ne kljub temu) sem prepričan, da je sedanja ruska vlada nevarna. Kar ne pomeni, da bi trdil, da bi morala menjati (o tem pozneje). Da pa predstavlja nevarnost nimam nobenega dvoma. Vem da jo začutijo kot nevarnost družbe baltskih in vzhodnoevropskih držav in ker sem prepričan v Evropo si moram vzeti v breme tudi to skrb – tudi da bi lahko na učinkovitejši način opozarjal, da problem je politika ruske vlade, ne ruski narod in da posledično bi bila edina smiselna politika do ruskih skupnosti izven Rusije širokogrudno spoštovanje njihovih pravic, ker to bi bilo res čudovito sredstvo v boju proti agresijam.
Z zaskrbljenostjo gledam na debato o oborožitvi Evrope. Gledam z zaskrbljenostjo na katerokoli možnost, da bi to lahko ponovno pomenilo oživitev sistema 27 držav, ki sodeluje (ali vsaj naj bi), raje kot da bi res združile moči; gledam z zaskrbljenostjo ker se zavedam ne le neenakosti in nepravičnosti, ki razjedajo evropsko družbo, temveč tudi da je velik izziv 21. stoletja, podnebne spremembe, dejansko šel popolnoma v pozabo. Pa vendar, kljub vsej zaskrbljenosti si ne morem tudi postaviti vprašanja ali ni vseeno ta debata potrebna. In če hočem odgovor na to vprašanje si moram postaviti kot vprašanje kaj se dogaja na drugi strani tega hipotetičnega konflikta, mislim ravno na Rusijo. In tu gre za vprašanje, ki nagovarja tudi tiste številne ljudi, ki jih globoko cenim in ki v teh dneh prepričano manifestirajo, govorijo, pišejo, proti oborožitvi. Predpostavka za razorožitev je da se obe strani s tem strinjata; predpostavka za mir je pripravljenost nanj. Kje so manifestacije za mir v Rusiji? Kje so apeli ruske civilne družbe, naj se neha z vojno v Ukrajini? Odgovor je zelo enostaven. Jih ni, ker jih vlada ne dopušča. In tu se torej postavlja vprašanje za tiste, ki zagovarjajo načelno mirovniško stališče, torej ne kateremukoli orožju: vse to sloni le na zaupanju v rusko vlado? Ali pa bi terjalo tudi možnost za številne sloje ruske družbe, ki vojne nočejo (in nimam dvomov, da obstajajo – tudi med tistimi, ki gledajo na zahod, karkoli naj bi ta zahod bil, kot na možnega sovražnika)? In če nočemo konfrontacije preko orožja pomeni, da bi se morali truditi za to, da bi lahko tudi v Rusiji nasprotniki vojne izrazili svoja stališča? A ne mislimo, da bi ruska vlada to tolmačila kot vmešavanje v notranjo politiko (odgovor na to, mimogrede, obstaja že od leta 2012, ko je ruska država sprejela zakon o takoimenovanih tujih agentih, s katerim je v naslednjih letih v bistvu obglavila rusko civilno družbo). Ker drugače če v Trstu Berlinu Parizu in ne vem še kje manifestiraš za mir in tega na drugi strani ni se stvar dokaj slabo konča. Evropi večkrat se očita, da je bila preveč agresivna do Rusije. Morali bi ponovno vzpostaviti stike, politične in gospodarske. Če bi se gospodarstvo povezalo sovraštvo ne bi bilo več. No, kaj pa smo delali do leta 2022? ni bila odvisnost od ruskega plina tudi vezana na prepričanje, da bo tok denarja preprečil vojno? Smo videli kako se je stvar končala. Pa še, če smo res v stanju, da si moramo danes postavljati vprašanje, ali je največja država NATA sploh še zanesljiv zagovornik in bi si želeli alternativo sem prepričan, da bi slednja morala slediti na doslednejšem izvajanju načel, ki naj bi jih Evropa zagovarjala. A tudi na pripravljenosti, da tista načela brani.
Zdravstveno stanje Evrope je vse prej kot dobro. Centrifugalnih sil je še in še, kar je povsem legitimno, saj sloni Evropa na prostovoljnem združevanju, prej me skrbi da so ponavadi te centrifugalne sile iste, ki bi se skupaj z Evropo rešile cele vrste zadev, ki jih mi predpostavljamo. Demokracije npr. Ne vidim velikih voditeljev, ki bi bili kos takemu izzivu, pa vendar brez Evrope se situacija ne bo izboljšala (in to velja mimogrede predvsem za majhne narode in države, ki brez skupnega okvira postanejo enostavno majhne ribice v morju, kjer je en kup večjih). Zdi se mi, da preveč stvari predpostavljamo in ne upoštevamo, da so vse prej kot zagotovljene. Npr. predpostavljamo, da se mi lahko svobodno odločamo o Evropi, o NATU itd (če ne drugo bi hotel dobiti med svojimi prijatelji nekoga, ki ne bi načelno trdil, da to ne sme biti prisila). Po drugi strani pa odrekamo baltskim državam (oz. jim očitamo za preteklost) ali Ukrajini danes isto pravico, ki naj bi jo imela država v kateri živimo. Italija se lahko prosto odloči (ali pa, za tiste, ki se z Natom ne strinjajo, bi morala imeti prosto odločitev o odcepitvi). Slovenija tudi; če pa se baltske države ali Ukrajina odločijo za vstop je to zaradi imperializma ZDA, ne mogoče ker so se tisti narodni posluževali iste pravice do odločanja, ki jo za nas predpostavljamo. Ukrajina, kot mimogrede katerakoli država, je vse prej kot perfektna (niti države v katerih mi živimo niso perfektne). Ampak če sprejmemo načelo, da je imperfektnost zadostna krivda, da doživi tak napad – in plača ves davek tega napada – kot ga je doživela v zadnjih treh letih, no res nima smisla, da bi za Evropo sploh manifestirali. Saj smo jo že zgubili po poti.
Pripis 1, odločitve moje stranke v evropskem parlamentu: če zagovarjaš politično Evropo igro moraš igrati na tistem igrišču. Torej če glasuješ drugače od skupine, kateri pripadaš (in katere si največja delegacija) se moraš zavedati, da je to hud problem. Ki je lahko celo opravičljiv in ima dobre razloge; ampak če ne nadaljuješ debate od te ugotovitve in se zgubljaš v neumnostih o notranjih strujah stranke no… pri zrelostnem izpitu verjetno ravno laskave ocene ne bi dobil.
Pripis 2, manifestacija. Ok v Rimu in hvalevredna pobuda, potrebovali pa bi istočasne manifestacije po vsej Evropi, saj se jo tudi na tak način gradi, z istim geslom, od Lizbone do Helsinkija. Predvsem pa na mejnih prehodih in na mejnih območjih. Ko bomo podporniki evropskega združevanja to končno dojeli in se posledično ravnali bo naš glas desetkrat glasnejši.”