“Denunciò tutte le dittature, ebbe fede in democrazia”
“Boris Pahor deve essere inteso come un Ulisse moderno, il suo racconto si colloca nel contesto delle grandi testimonianze del Novecento, come parte di un’unica epopea. E’ scomparso un grande della cultura italiana e non solo, ma continuerà a scuotere le coscienze di giovani lettori”. Sono alcuni concetti espressi dalla senatrice Tatjana Rojc (Pd) oggi nell’aula del Senato, dove ha preso la parola per ricordare lo scrittore di lingua slovena Boris Pahor, scomparso nella notte a Trieste a 108 anni.
“La sua è una saggezza nata dall’esperienza dell’identità che – ha spiegato Rojc – il fascismo ha cercato di negargli”, obbligandolo da bambino a “diventare altro da se” a “vedere le fiamme dell’incendio del Narodni Dom la casa di cultura slovena di Trieste distrutta dalle fiamme della furia squadrista fascista nel 1920 come un presagio dell’esperienza dei lager nazisti in cui ha vagato”.
“E’ divenuto l’emblema delle tragedie del Novecento” – ha scandito la senatrice sottolineando che “la sua fede nel valore della democrazia, la sua denuncia aperta contro tutte le dittature, contro il grande che vuole distruggere il piccolo come lui stesso asserisce, sono valori che costituiscono, assieme alla forza salvifica dell’amore, il messaggio centrale della sua opera in cui – ha concluso – egli si fa mediatore tra noi lettori e il mondo delle ombre”.
Al link l’intervento della senatrice Tatjana Rojc in Senato: