Crisi comparto industriale: Zingirian (PD), difendiamo il lavoro e il futuro dei lavoratori FLEX e Wärtsilä

Crisi comparto industriale: Zingirian (PD), difendiamo il lavoro e il futuro dei lavoratori FLEX e Wärtsilä

Il Forum lavoro del Partito Democratico, tramite il suo responsabile Roberto Zingirian, esprime profonda preoccupazione per la mancanza di risposte concrete sulla crisi dello stabilimento FLEX, emersa dall’incontro al MIMIT.

Questa situazione di stallo non è accettabile. La FLEX rappresenta un pezzo fondamentale della manifattura triestina e un simbolo della capacità produttiva del nostro territorio.

Siamo al fianco dei lavoratori riuniti oggi in assemblea e ribadiamo con forza che va trovata una soluzione che tuteli l’occupazione e salvaguardi le competenze locali, assicurando nel frattempo l’accesso agli ammortizzatori sociali. La tutela dei lavoratori non è negoziabile.

A destare ulteriore allarme è la proposta di Wärtsilä di esternalizzare l’attività di manualistica tecnica, con il conseguente trasferimento a un’altra azienda di 23 lavoratori. Questa decisione è un chiaro atto di violazione degli accordi sottoscritti poche settimane fa, che non può passare sotto silenzio.

La difesa del comparto industriale di Trieste non può essere messa in discussione. Una città che punta a un futuro stabile e prospero non può vivere di solo turismo. Serve un’azione chiara e determinata per garantire livelli occupazionali stabili e una visione industriale concreta, affinché Trieste resti una città dove si produce, si innova e si lavora.

La segretaria del PD di Trieste, Maria Luisa Paglia lancia un appello.

Invitiamo le istituzioni e tutte le forze politiche a unirsi in questa battaglia per il lavoro e per il futuro della nostra comunità: il lavoro è dignità, e difenderlo è il nostro impegno.”

Crisi comparto industriale, il PD incontra i sindacati e i lavoratori di Flex, Tirso e Wärtsilä

Crisi comparto industriale, il PD incontra i sindacati e i lavoratori di Flex, Tirso e Wärtsilä

Si è tenuta venerdì, 22 novembre, un’importante iniziativa sulla situazione del comparto industriale giuliano, organizzata dal Forum lavoro e sviluppo economico del PD di Trieste, finalizzata in particolare ad ascoltare le proposte e le richieste avanzate direttamente da componenti delle RSU di FLEX, TIRSO e WÄRTSILÄ.

L’iniziativa, organizzata in collaborazione con le segreterie provinciali di CGIL, CISL e UIL e i sindacati di categoria, è sorta perché, come ha ricordato la  segretaria provinciale Maria Luisa Paglia, “Trieste non può permettersi di perdere altre imprese industriali”.

Da sempre il PD è impegnato a sostenere una presenza della manifattura a Trieste, come garanzia di un modello di sviluppo equilibrato. Oggi, mentre la città e le pubbliche amministrazioni sembrano essere indifferenti, nel nostro territorio alcune aziende industriali si trovano ad affrontare una situazione di crisi con crescente preoccupazione sul futuro dei loro dipendenti.” 

Lo afferma Roberto Zingirian, responsabile del Forum.

Le crisi industriali in atto hanno un impatto non indifferente sulla comunità triestina in quanto coinvolge circa 700 famiglie, considerando pure le aziende dell’indotto, spesso non tenuto sufficientemente in considerazione.

Nel corso dell’incontro, i rappresentanti delle RSU di TIRSO, WARTSILA e FLEX hanno evidenziato le specifiche problematiche delle rispettive aziende, le trattative tra privati in corso, gli incontri e i tavoli aperti a livello regionale e a Roma. Si tratta di aziende facenti parte di settori strategici, dove scelte imprenditoriali sbagliate o, meglio, “sciagurate”, come definite dai lavoratori, hanno portato a operazioni di delocalizzazione di attività produttive e know-how impoverendo e svuotando le aziende locali. In particolare, una folta rappresentanza di lavoratori della FLEX ha evidenziato la difficile situazione di stallo in cui si trova lo stabilimento, dove i lavoratori sono in contratto di solidarietà e le linee produttive ferme e la preoccupazione per la paventata cessione dello stabilimento a un fondo di investimento estero. 

Similarmente i lavoratori della TIRSO, prevalentemente donne, in cassa integrazione, attendono l’esito delle trattative per la vendita e la riconversione dello stabilimento nel settore alimentare. 

Per la WARTSILA, al contrario, dopo la positiva acquisizione dello stabilimento produttivo da parte della INNOWAY, si manifestano i primi problemi legati al mancato rispetto degli accordi nei confronti dei lavoratori tecnici rimasti dipendenti della WARTSILA con la denuncia di un numero, ancorché limitato, di nuovi esuberi.

Alle forze politiche, con le diverse responsabilità di governo e di opposizione, è stato chiesto di agire a sostegno e difesa di queste storiche aziende del comparto industriale locale e a garanzia del rispetto degli accordi presi.  

Per Francesco Russo, intervenuto a conclusione della discussione per evidenziare le criticità emerse e i possibili scenari che si aprono per il comparto manifatturiero.

I lavoratori coinvolti in queste crisi vanno tutelati sul piano politico. Oggi manca una politica industriale regionale”.

La riunione del Forum Lavoro non è stata finalizzata quindi a manifestare solo la solidarietà del PD ai lavoratori, ma soprattutto a impedire che le crisi in atto vengano dimenticate in una città che si riempie di alberi e lucette per il periodo natalizio, dando voce diretta ai lavoratori al fine di individuare insieme le possibili soluzioni e le iniziative da intraprendere. Su questo il PD c’è e ci sarà.

Flex: Serracchiani “In crisi serve approccio più  propositivo”

Flex: Serracchiani “In crisi serve approccio più  propositivo”

Siamo tutti dalla parte del lavoro e del mantenimento di una produzione d’alto livello nello stabilimento di Trieste. Il Mise sta rispondendo a tono ai nostri appelli ma bisogna che dal territorio giungano stimoli più decisi.
E il commento della deputata Debora Serracchiani, che oggi a Roma ha partecipato al tavolo convocato, su richiesta dei sindacati e alla presenza di una rappresentanza della Regione Fvg, dal Ministero dello Sviluppo economico sulla situazione della Flex, azienda che nello stabilimento di Trieste produce componenti elettroniche avanzate.
Per la parlamentare serve
un approccio più propositivo nell’accompagnare i processi di innovazione, una maggiore consapevolezza delle potenzialità d’intervento che sono in mano anche all’istituzione Regione, un’interlocuzione più serrata con le proprietà e le compagini societarie, soprattutto avere una strategia. Mi auguro ancora – aggiunge Serracchiani – che il presidente Fedriga sappia infondere questi caratteri alla sua amministrazione nella gestione delle crisi industriali, per riuscire a governare tavoli difficili come quello della Flex, e tra poco della Safilo.
Cartiera Burgo Duino: Shaurli, grave abbandono da Regione Fvg 

Cartiera Burgo Duino: Shaurli, grave abbandono da Regione Fvg 

L’abbandono della Burgo è un fatto grave nei confronti dei lavoratori e di uno storico stabilimento produttivo. Per la parte che spetta all’opposizione, ribadiamo la disponibilità del Pd a contribuire ad affrontare al meglio le crisi industriali che martellano la nostra regione, ma chiediamo con molta chiarezza che l’assessore Bini si tolga il lenzuolo di fantasma, cambi passo e cominci a seguire quanto accade sui territori.
Lo afferma il segretario regionale Pd Fvg Cristiano Shaurli, commentando la decisione dell’imprenditore Giorgio Spinoglio di ritirarsi da un’operazione di riconversione della ‘linea 2’ della Cartiera Burgo di Duino Aurisina (Trieste).
Ricordando che
quando si parla di posti di lavoro, di futuro, dell’economia della nostra regione noi ci siamo, con le nostre proposte, con le scelte e le risorse già messe in campo nel periodo più buio della crisi,
Shaurli indica che “bisogna cominciare a prevenire le crisi invece di accontentarsi di intervenire sempre dopo e tardi.
Dalla Giunta – continua l’esponente – ci aspettiamo che cominci a prendere in considerazione i dati sull’emigrazione dei nostri giovani, sulle famiglie a casa alla Safilo e sulle tante troppe crisi in questa regione. Non daremo certo risposte all’economia regionale inventando nuovi ruoli da centomila euro all’anno per accontentare altri amici degli amici.
Sarebbe utile ma non abbiamo molte speranze: lavoro, economia, futuro – conclude Shaurli – sembrano temi sconosciuti alla Lega che domina questa maggioranza.
Sertubi: Serracchiani “É avviso potente per Trieste”

Sertubi: Serracchiani “É avviso potente per Trieste”

La fine dell’attività produttiva della Sertubi è la sconfitta di un sistema e un avviso potente per Trieste: o si ferma questo contagio di crisi industriali oppure il declino del capoluogo regionale sarà questione di tempo. Nessuno si illuda che porto, turismo, logistica bastino a sostenere la crescita di Trieste: gli stessi servizi si dileguano quando manca un tessuto produttivo. Un faro va tenuto acceso su Allianz.

Lo afferma la deputata Debora Serracchiani, commentando il definitivo stop alla produzione della Sertubi, deciso dalla proprietà indiana Jindal Saw, con la perdita di 51 posti di lavoro.

Dopo anni di impegno per evitare quanto accaduto ieri – spiega Serracchiani, che si era occupata della Sertubi già da europarlamentare e presidente del Fvg – mi chiedo se sia stato fatto tutto per evitare il peggio. Mi chiedo se chi è venuto dopo di me ha smesso di combattere in prima persona le battaglie per l’industria, lasciando all’assessore al Lavoro il compito ingrato di accompagnare le chiusure.

Per Serracchiani

qualunque polemica è fuori luogo in questo momento, ma sono convinta che la solidarietà verso i lavoratori che hanno perso il posto e quelli che rischiano di perderlo dobbiamo cominciare a dimostrarla tutti quanti mettendoci la faccia. Anche se la cosa è scomoda.

Trieste: Serracchiani, con crisi finito “momento magico”

Trieste: Serracchiani, con crisi finito “momento magico”

 Se mai c’è stato, è terminato il ‘momento magico’. È arrivata una crisi che investe settori diversi, dalla siderurgia alla metalmeccanica all’agroalimentare: stanno venendo al pettine tutti i nodi di un’industria che non ha fatto i passi necessari per stare sul mercato. Ma Trieste ha nell’industria un motore di sviluppo importante al quale non si può rinunciare, anche se non pesa più del 10% del Pil. C’è la necessità di reinventare interi settori.

Lo ha detto la deputata Debora Serracchiani oggi a Trieste, durante un incontro dedicato alle crisi industriali dell’area triestina, con il segretario provinciale della Cgil Michele Piga.

Lanciando un allarme sul “rischio di perdere una centralità geopolitica e capacità di fare sistema”, la parlamentare ha osservato che

si tenta di intervenire ma solo nella fase patologica, mentre dovremmo pensare alle soluzioni prima che determinate crisi si presentino. Perché alcune di queste crisi vengono da lontano e possono essere accompagnate prima che esplodano e l’unica via sono gli ammortizzatori sociali. l periodo più nero per il Fvg è stato il 2015 quando governava il centrosinistra e – ha ricordato Serracchiani – abbiamo affrontato le crisi accompagnandole con politiche industriali”. Ha portato l’esempio di Electrolux, dove anche con fondi pubblici si è riusciti a modificare la produzione puntando verso la qualità. O l’esempio della Ferriera, in cui “abbiamo creduto che per avere sostenibilità ambientale era necessario che proseguisse la produzione, mentre ora per una scelta politica oggi al Mise c’è un tavolo in cui si lavora per chiudere un’azienda”.

Emblematico, per Serracchiani, anche il caso Wartsila in cui

è stato fatto un importante investimento in ricerca e sviluppo e per un periodo ha funzionato. Quando questa strada non è stata più percorsa con la medesima forza di prima, la società ha denunciato difficoltà e sono annunciati esuberi.

A proposito della Ferriera, Serracchiani ha ragionato sulle conseguenze della crisi del mercato dell’acciaio e sulle opzioni tra metodi diversi di produzione, ricordando i fondi per la decarbonizzazione e per la transizione industriale previsti nella manovra nazionale. Per la deputata

a città deve svegliarsi e decidere: la vera sfida è far coesistere ambiente salute e lavoro. E chi governa Regione e città ci dica da che parte vogliono portarci, come vogliono diversificare e quale è il loro obiettivo per Trieste e per la regione. Ma sia chiaro che se perdiamo questi posti di lavoro avremo anche un grande problema di domanda interna che metterà in ginocchio la città di .

Cronaca della crisi industriale di Trieste e del suo territorio, report evento

Resoconto dell’incontro promosso dal Forum Economia e Lavoro del PD di Trieste e svoltosi l’11 novembre 2019 presso il Circolo ACLI di San Giacomo

Sintesi a cura di Franco Codega, per chi desidera approfondire una video registrazione integrale dei lavori è disponibile sul canale You Tube del PD.

Interventi Introduttivi

On. Debora SERRACCHIANI
Capogruppo PD Commissione Lavoro Camera dei Deputati

Nelle situazioni di oggi, sempre in evoluzione, è necessario pensare a soluzioni che prevengano le crisi e non dover intervenire all’ultimo momento. È quello che ho cercato di fare quando ero presidente della regione.

Il Periodo più nero in Regione fu il 2015. Allora abbiamo cercato di accompagnare alcune crisi. Si spinse l’azienda, vedi Electrolux, a cambiare la propria produzione, renderla più innovativa, fare nuovi prodotti. Ciò anche con aiuti e fondi pubblici.

Così abbiamo fatto con la Ferriera. Abbiamo creduto nella opportunità di proseguire l’attività per garantire l’occupazione. Il sig. Arvedi ha messo molti soldi. Il laminatoio a freddo: può garantire fino a 700 posti di lavoro. Ora, a livello nazionale siamo di fronte ad una situazione paradossale: è l’unico tavolo al MISE in cui non si lavora per tenere aperta ma per chiudere una azienda!

Caso Wartsila: tre anni fa si voleva ridimensionare lo stabilimento. Warstila ha partecipato alla filiera dell’innovazione creata da Calenda all’interno della industria 4.0. Si provvide ad un investimento in Ricerca e sviluppo per fare motori nuovi: elettrici o ibridi. Si è andati avanti per qualche anno. Ora, cambiati anche i dirigenti tutto si è assopito, e ora ci sono poche commesse.

Come si è visto in questi tre casi che ho citato le Istituzioni hanno avuto un ruolo decisivo per il rilancio. Anche oggi c’è bisogno del loro intervento. Le Istituzioni locali ci devono dire dove vogliono andare: in quale direzione. I fondi necessari possono essere reperiti. Per es. c’è il fondo nazionale per la decarbonizzazione a a disposizione. Si potrebbe usare per la ferriera. Pensare di poter reimpiegare coloro che perdono lavoro in turismo o uffici pubblici non è realistico. C’è anche il fondo per il rinnovamento energetico cui si può ricorrere. Quindi non è tanto un problema di soldi, che in buona parte ci sono, ma è un problema di visione politica per il futuro.

Michele PIGA
Segretario generale CGIL Trieste

 L’economia del nostro territorio ha queste caratteristiche: il 10 % del PIL deriva dall’industria, il 5 % dall’edilizia, il restante 75 % per un terzo dalla intermediazione finanziaria, un terzo dalla pubblica amministrazione, un terzo dal terziario. Una economia debole pertanto e in questo contesto i piccoli cambiamenti possono avere effetti dirompenti.

La crisi industriale da cosa deriva? In alcuni casi da cattiva gestione. In altri casi, soprattutto quando si tratta di multinazionali, da uno scarso legame con territorio. I servizi all’impresa fanno difficoltà a rafforzarsi in quanto avrebbero bisogno di un bacino più ampio dell’industria da servire, che non c’è.

Il comparto industriale, per svilupparsi, ha bisogno della convergenza positiva di due contesti: il contesto locale e il contesto nazionale-europeo. Limitiamoci ora al locale.

In Italia ci sono 19 aree di crisi industriale complessa. Trieste è una di queste. Questa è una opportunità da giocare. Ci sono strumenti e capacità di investimento all’interno di questo territorio. Eppure alcuni problemi sono ancora fermi: per es. la questione del sito inquinato va ancora risolto. Ci sono ben 219 imprese artigiane che operano in quel territorio.

L’ex Ezit: rientra nella legge sui consorzi. Lì dentro c’è patrimonio. Il consorzio è per 52 % dell’autorità portuale, ma per il resto 48 % è delle istituzioni locali: del Comune di Trieste, Muggia e S. Dorligo.

C’è poi il porto, che da alcuni anni ha uno sviluppo positivo. Secondo noi, non avendo Trieste un entroterra per reperire materia prime, il porto deve diventare la sorgente di materie da poter lavorare, creando industrie manifatturiere nelle zone franche. In tali zone si possono rielaborare le merci che arrivano per sfornare prodotti industriali.

Il porto vecchio: è stata costituita alcuni mesi fa una società tra Autorità portuale, regione e comune: anche lì c’è patrimonio. Ma al momento non ci sono grandi idee.

C’è la presenza della università e degli Enti di ricerca di prim’ordine. Tutti ne parlano ma non c’è mai una sintesi operativa che metta davvero a sistema i due comparti.

Eppure lo strumento per realizzare tutte queste cose c’è: è l’Accordo di crisi industriale complessa. Ivi si può trovare la sintesi e reperire i fondi, ma bisogna saper mettere in atto una programmazione globale. Per fare questo però c’è bisogno di un apporto costante e reale delle istituzioni locali. Ed è quello che oggi manca. Il sindaco non c’è. Anche la Giunta regionale dovrebbe fare la sua parte. Da qui lo sciopero dei sindacati confederali proclamato per il 15 novembre. Ben 1.500 posti di lavoro sono a rischio.

Dibattito e interventi conclusivi

 

On. SERRACCHIANI : Il quadro internazionale. C’è una crisi del mercato dell’acciaio in generale. C’è una sovrapproduzione. Gli americani non importano più acciaio, bastano a loro stessi. Questo ha comportato in Europa l’invasione dell’acciaio fatto in Cina e in Turchia. L’Europa non ha ancora preso una posizione sull’acciaio che viene da fuori Europa. Fino all’arrivo di non più del 25% non pagano alcun dazio. Solo dopo pagano. Quindi fino al 25% arriva con il prezzo iniziale di produzione, che è più basso del nostro. Fino ad oggi l’Italia importa circa 4 miliardi di tonnellate di acciaio. E siamo il secondo paese produttore di acciaio in Europa, dopo la Germania. Un intervento pertanto necessario è che L’Europa intervenga a mettere dazi anche al di sotto del 25%.  Poi c’è un tema degli impianti italiani: sono vetusti. Il caso dei Riva è eclatante: acquistano per poco l’impianto di Taranto e non hanno fatto interventi di ristrutturazione e risanamento ambientale.

L’acciaio che viene fuori da un forno elettrico è di minore qualità rispetto a quello che viene fuori da un impianto a caldo. Quest’ultimo fa l’acciaio “piano” , il migliore , quello che serve per l’industria dell’automobile.  È il migliore ma ora le richieste sono in calo perché c’è anche la crisi dell’automobile. Comunque l’Italia non può rinunciare alla produzione di acciaio. Lo ha detto anche il ministro Patuanelli. Certo c’è la questione ambientale. Ma diciamocelo chiaro: Il quartiere Tamburi andrebbe svuotato e spostato. 

Sull’acciaio quindi il Paese deve interrogarsi cosa vuol fare. Noi, a suo tempo, facemmo la nostra scelta: Sulla Ferriera ci sono finiti 240 milioni di euro, per il rilancio industriale e per il risanamento ambientale. E i miglioramenti sul piano ambientale sono stati notevoli. Ed è significativo che oggi si vuole chiudere l’area a caldo, per scelte politiche non per problemi ambientali.

Decarbonizzare : mantenere la aree a caldo utilizzando non il carbone , ma il gas. La qualità resterebbe elevata. Però ciò richiede investimenti per la modifica degli impianti. Per l’Ilva per es. si potrebbe utilizzare il gas che arriverà dal FAP. Ma i fondi nazionali per la transizione industriale servono proprio a questo! Uno degli esempi della decarbonizzazione ce l’abbiamo a Monfalcone. La centrale A2A.

Il PD nella attuale manovra finanziaria ha preteso che ci siano 50 miliardi nei prossimi 15 anni per l’economia verde. Ma bisogna essere consapevoli che questa economia verde, in una prima fase e in alcuni settori rischia di far perdere posti lavoro invece che crearli. Es, la CONTINENTAL, azienda che in Toscana fa pezzi di ricambio per le macchine, ha deciso la riconversione per macchine elettriche. Farà solo batterie. Ciò comporta la riduzione da 1000 a 500 operai.

L’essere una area industriale complessa, non è sfiga, ma opportunità: ci sono tanti soldi da poter sfruttare.  È necessario però un Articolato e preciso Accordo di programma. Patuanelli ha già messo a disposizione 120 milioni per due aree industriali complesse, tra cui Trieste. In questo contesto in quale maniera l’attuale processo di sviluppo del Porto può essere messo a frutto?

INTERLOCUTORE DEL PUBBLICO: nel mondo il 70% dell’acciaio è prodotto con l’altoforno, il 30 % con l’elettrico. Perché la Lega a Taranto vuol mantenere aperto e qui con Fedriga vuole chiudere? Qui la situazione è notevolmente migliorata dal punto di vista ambientale. Quindi se Taranto va avanti deve a maggior ragione andare avanti anche Trieste.

PIGA: Il punto franco è una grande opportunità ma deve essere ancora risolto il piano fiscale. C’è un Problema di chiarimento sulla questione IVA e Dazi. Il chiarimento va fatto con l’agenzia delle dogane, Agenzia delle entrate e il Mise di Roma. Una volta chiarito questo, c’è spazio per lo sviluppo del manifatturiero in queste zone.

On. SERRACCHIANI: siamo tutti alla ricerca di un filo conduttore che tenga insieme tutti questi ragionamenti. Per giungere ad una proposta finale che tenga conto di tutti gli elementi dobbiamo continuare il percorso di analisi e di confronto, anche con le forze sociali della città.

Porto franco Internazionale. Il decreto di Delrio del 2017 ha introdotto il pezzo della procedura amministrativa che mancava da decenni e che finalmente ha sbloccato la partita. Ma non basta ancora.

Necessita un chiarimento con L’Agenzia delle dogane, l’Agenzia del territorio e l’Agenzia delle entrate. Per loro non è chiaro cosa significhi “Porto franco internazionale “. Da ultimo sarebbe finalmente da prendere in considerazione la nuova direttiva europea sull’IVA che non è mai stata applicata e che sarebbe per noi una grande opportunità. Il compito attuale delle istituzioni è proprio quello di definire il quadro, tenendo conto di tutti gli elementi e avanzare la proposta di sintesi. Ultima nota, riguardo a Servola : Io sto dalla parte del lavoro, perché solo se ci sarà il lavoro proseguirà il risanamento ambientale.

Industria: Shaurli “Fedriga assente su crisi Trieste”

Industria: Shaurli “Fedriga assente su crisi Trieste”

Impressiona e stupisce l’assenza del presidente Fedriga di fronte al declino manifatturiero di Trieste. Ogni giorno qualche decina di lavoratori perde il posto in città: uno stillicidio continuo che sta svuotando la città delle sue capacità produttive, addirittura di quelle legate all’economia del mare. Chiediamo al presidente della Regione di cominciare a impegnarsi finalmente su questioni concrete e urgenti, su come tenere sul territorio industria e lavoro, a Trieste e nel resto della regione. Perché tutti gli indicatori dicono che la situazione rischia di diventare gravissima e occorre un impegno istituzionale al massimo livello.

Lo afferma il segretario regionale Cristiano Shaurli, in relazione alle situazioni di crisi industriali aperte nel capoluogo regionale e in particolare della chiusura di Novenco Marine & Offshore Italia srl, col licenziamento di 15 dipendenti.

L’ottimismo dell’assessore Bini e i pannicelli caldi dell’assessore Zilli  non possono sostituire la mancanza di una strategia complessiva, di una politica industriale capace di aiutare il tessuto produttivo a fare un salto di qualità, a diventare più strutturato e competitivo, a cogliere le sfide della modernizzazione e della sostenibilità ambientale. I contributi a pioggia forse servono a far consenso, e anche poco, nell’immediato ma non creano nuovi posti di lavoro e non fanno progredire territorio, manifattura e impresa in genere.

Trieste: Serracchiani, appello a istituzioni per sviluppo. Cosolini: quota di industria serve a Trieste

Trieste: Serracchiani, appello a istituzioni per sviluppo. Cosolini: quota di industria serve a Trieste

Lanciamo un appello forte alle istituzioni di Trieste e del Friuli Venezia Giulia: bisogna cercare di capire cosa serve per il futuro, essere pronti a guardare negli occhi una crisi che arriva”.
 
Lo ha detto la deputata del Pd Debora Serracchiani oggi a Trieste, nel corso di un incontro pubblico dedicato all’industria e allo sviluppo del capoluogo giuliano, assieme al consigliere regionale Dem Roberto Cosolini.
 
Lo sviluppo del porto è fondamentale per la città e questo sviluppo è frutto di quello che abbiamo fatto negli anni passati ma – ha indicato la parlamentare – se tutto questo c’è, dobbiamo sapere che possiamo perderlo perché anche gli altri si muovono. Quello che abbiamo dobbiamo proteggerlo per il futuro. Ad esempio, se vogliamo puntare sulla crocieristica – ha precisato – serve una stazione marittima adeguata, perché quando arrivano le navi non possiamo chiudere un pezzo di città, con disagio di cittadini e turisti. Il Porto Vecchio è sicuramente una risorsa fondamentale ma dei 50 milioni che abbiamo portato noi, ben pochi sono stati utilizzati. Non è possibile che le istituzioni  non si occupino dell’aeroporto, che con il porto è in stretta connessione”.
 

Per Serracchiani 
 
Regione e Comune devono mettersi al tavolo con il Mit e ragionare sull’implementazione infrastrutturale, a cominciare dalle risorse per la tratta ferroviaria Trieste-Venezia, che non sono state spese se non in minima parte. Nel dl crescita ci saranno norme che riguarderanno le aree industriali e Trieste deve capire se e come intervenire nella scrittura di quell’articolo. È un’occasione e va sfruttata, ma ci chiediamo su che tavolo i rappresentanti delle nostre istituzioni si siedono e discutono. Quel tavolo non c’è, e noi lo chiediamo.  Non ci sono aree sviluppate – ha detto Cosolini – che non hanno una significativa quota di attività industriale. Questo vale anche per Trieste, dove pure c’è un’importante differenziazione, dalle assicurazioni alla portualità”. 
 
Riferendosi alla chiusura della Ferriera annunciata dal sindaco Dipiazza, Cosolini ha rilevato che
 
ormai ai cento giorni non credono più neppure i lampioni. C’è una latitanza complessiva di chi governa ora – ha aggiunto il consigliere Dem – che non consente di affrontare i punti di crisi perché si preferisce non rovinare un quadro venduto come idilliaco. Abbiamo la necessità di guardare al 2021, alle elezioni comunali con lo spirito di combattere l’immobilismo”.
 
Crisi industriali e del lavoro: bisogna intervenire subito

Crisi industriali e del lavoro: bisogna intervenire subito

Trieste, crisi industriali e del lavoro: una follia affidare il rilancio della città al solo turismo. Il Pd chiede l’apertura di urgente di un tavolo, con istituzioni e parti sociali. 

 

La città di Trieste non può rinunciare alla sua vocazione industriale e manifatturiera, illudendosi che le sia sufficiente il pur fondamentale contributo del settore turistico. È sulla base di questo convincimento di fondo che la consigliera comunale e segretaria del Pd Trieste Laura Famulari ha avanzato la richiesta, sottoscritta dagli altri membri del gruppo consiliare, di audizione in aula di Alessia Rosolen, assessore regionale al Lavoro.

Nel corso dell’audizione, che si è svolta lunedì 6 maggio, Laura Famulari ha chiesto in particolare quale sia la visione strategica in campo per affrontare le gravi crisi industriali e occupazionali in corso sul territorio, suggerendo l’apertura immediata di un tavolo di lavoro che coinvolga tutte le parti sociali e le istituzioni.

Trieste, infatti, non può essere solo città di servizi e consumo, ma deve continuare a essere anche luogo di produzione, compreso anche il suo apporto al sistema siderurgico nazionale. Ed è quanto mai urgente – come ha sottolineato in aula la consigliera Pd Antonella Grim –  mettere in atto politiche attive per affrontare fin dalla scuola e dalla formazione le nuove sfide del mondo del lavoro, la sua evoluzione, le sue esigenze in termini di competenze e specializzazioni.

Nel frattempo, è nuovamente slittata per richiesta della maggioranza (“Non è stato ancora raggiunto un accordo”) la votazione del nuovo presidente del Consiglio comunale dopo le dimissioni di Marco Gabrielli (21 marzo). L’aula lavora dunque da quasi due mesi senza un presidente. “Un imbarazzante e scandaloso mercanteggiare tutto interno alla maggioranza” lo ha definito il consigliere Pd Toncelli. Per protesta, nella stessa seduta del 6 maggio, il nostro gruppo ha lasciato l’aula. “La maggioranza – denuncia Famulari – è ostaggio della Lega, Trieste merita di meglio.”