È il momento di una «Trieste Calling»: attrarre 5mila giovani in 10 anni.  Una nuova progettualità contro la comfort zone dei rimpianti e della decadenza

È il momento di una «Trieste Calling»: attrarre 5mila giovani in 10 anni. Una nuova progettualità contro la comfort zone dei rimpianti e della decadenza

È per definizione la città delle contraddizioni e dei paradossi, dove ad esempio eccellenze radicate da tempo, penso al sistema dell’alta formazione e della ricerca, al tessuto multiculturale, o più recenti, il rilancio della portualità e la svolta di porto vecchio, non sembrano incidere su una prospettiva demografica che ci vede da decenni in declino. Siamo ormai sotto i 200mila (72.000 in meno rispetto a 50 anni fa), e sempre più vecchi. E se non bastassero le attuali opportunità a invertire questa tendenza? Se fosse necessario un colpo d’ala, qualcosa di più?

Viene in mente la storia di questa città, quando la crescita del porto attorno al punto franco e la condizione di piattaforma logistica ante litteram di una parte d’Europa determinarono una grande chiamata, una «CALL spontanea», per usare un’espressione moderna e globale, verso una moltitudine di giovani: greci, serbi, armeni, austriaci, ungheresi, italiani e altri ancora, spinti a venire qui a realizzare  progetti di vita, a costruire le proprie fortune, a scrivere  una storia collettiva di imprenditorialità e innovazione, che ha lasciato segni indelebili nella crescita della Trieste moderna e  nel patrimonio religioso, artistico, culturale, architettonico che rendono questa città unica. È una storia che ci parla anche di futuro, un futuro che a qui sembra aver tanto bisogno di… Next Generation.

Come dicevo il contesto esiste, ma va rafforzato con azioni coordinate che abbiano come filo conduttore il voler attrarre e trattenere giovani. Un insieme di attrattori specifici quindi, che creino un’immagine da promuovere di «Trieste Calling, invita i giovani a realizzare i loro progetti».

Qualche seme in questo senso lo avevamo piantato negli anni alla guida della città: penso al progetto che avevamo avviato perché il contenitore di Corso Cavour (oggi  Urban Center) fosse destinato ad ospitare e facilitare progetti di impresa e di professione avviati da giovani, o all’idea di trasformare le residenze già studentesche di Cittavecchia in opportunità abitative autonome per giovani coppie, all’aumento di asili nido, o ancora al tentativo dell’ Hackathon, fatto  per coinvolgere le intelligenze e le capacità giovanili nella progettazione di servizi urbani avanzati.

Oggi Istituzioni, comunità scientifica, imprese potrebbero condividere questa priorità e promuovere una «Trieste Calling young people», destinando a queste scelte di indirizzo risorse adeguate. Cito ad esempio:

  • caratterizzare l’offerta di alta formazione universitaria e post, anche con un sistema di incentivi, verso i giovani del centro est Europa affinché questa sia la città di riferimento culturale del mondo a est di Trieste
  • offrire contenitori e servizi a condizioni agevolate a progetti d’impresa, di lavoro, di cultura in modo da favorirne insediamento, nascita e sviluppo
  • creare un’offerta integrata di soluzioni abitative, a partire dal tanto patrimonio immobiliare libero, e con loro asili, verde, servizi, e una mentalità children friendly
  • promuovere le diverse opportunità formative e di lavoro collegate a tutta l’economia del mare
  • attirare a Trieste, ad esempio in Porto Vecchio, un centro di formazione di un grande player dell’economia digitale e dei settori ad alta innovazione
  • sostenere ed allargare lo scouting di idee per start up che viene portato avanti da soggetti come la Biovalley Investments

 

Abbiamo esempi, nel rispetto delle proporzioni: penso alla trasformazione di Berlino grazie ad una grande forza attrattiva verso i giovani. O penso alle aree a maggior densità di innovazione in giro per il mondo, da Israele alla Silicon Valley, contraddistinte dalla multiculturalità come fattore che apporta freschezza, stimoli ed opportunità.

Qui vorrebbe dire riproporre una vocazione che in passato ha determinato la nostra fortuna, ma anche favorire una biodiversità di stili di vita, dove fantasia, voglia di vivere e nuove idee disegnino la nuova Trieste.

Forse è un sogno, ma vorrei che questa città si unisse nella sfida di lanciare una vera e propria CALL, per far sì che nei prossimi 10 anni 5000 giovani, compresi i triestini che se ne sono andati, potessero sceglierla per il proprio futuro e, insieme, per il nostro.

Tanti possono concorrere ma è fondamentale una leadership politica che guidi e diriga in una logica d’insieme i diversi apporti in questa direzione. E che orienti in questo senso gli investimenti. Dobbiamo decidere se sarà questa la mission della politica oppure se siamo destinati a continuare a coltivare una comfort zone, tra rimpianti e decadenza, rimanendo, come ci ricorda una splendida canzone di Otis Redding, «sittin’ on the dock of the bay, wastin’ time» (seduto sul pontile della baia, sprecando il mio tempo)

 

Roberto Cosolini
Consigliere regionale PD

Porto Vecchio: se vince il centro-sinistra forze sociali, economiche e cittadini coinvolti nelle scelte

Porto Vecchio: se vince il centro-sinistra forze sociali, economiche e cittadini coinvolti nelle scelte

Intervento di Laura Famulari, segretaria provinciale PD di Trieste, pubblicato sul quotidiano Il Piccolo il 2 aprile 2021

Il Porto Vecchio è la sfida su cui Trieste si gioca il futuro. Per questo, quando nel 2019 il Pd ha votato la delibera di indirizzo all’accordo di programma, abbiamo chiesto all’Amministrazione Dipiazza di avere coraggio. Sempre per questo, dopo ben due anni, abbiamo dovuto esprimere un voto negativo.

Porto Vecchio è un’occasione unica e irripetibile che non va sprecata per moltissimi motivi, ma soprattutto perché può essere la leva per invertire il drammatico calo demografico e attrarre i giovani che hanno abbandonato la città per la mancanza di opportunità di lavoro qualificato.

La Giunta Dipiazza sembra non averlo capito, e secondo noi ha sbagliato nel metodo e nel merito.

A cominciare dalla scelta di uno strumento – l’accordo di programma – che sacrifica la partecipazione dei cittadini, singoli o associati anche in gruppi di interesse, e sottrae alla cittadinanza la possibilità di contribuire a scegliere la direzione da prendere. È poi mancata la preparazione della discussione nei consigli circoscrizionali e in Consiglio comunale, segnando l’ennesima mancanza di rispetto per la funzione e le competenze di questi organi.

Guardando le carte, abbiamo visto che ci sono difformità rispetto agli indirizzi che parlavano di quota ridotta e complementare di residenzialità a fronte di una quota che ora può arrivare al 70% (circa dieci magazzini per mille abitanti). Il centrodestra si prende la responsabilità di una scelta simile in una Trieste che si sta desertificando: siamo sotto i 200 mila abitanti e abbiamo 10 mila alloggi sfitti.

Non solo mettono le mani in questo modo su Porto Vecchio, ma lo fanno senza nemmeno una valutazione dell’impatto sul resto della città. In particolare, se in quest’area si prospettano “trasferimenti” di funzioni oggi insediate nel centro cittadino, bisognerebbe stimare e gestire il contraccolpo anche attraverso il dialogo e la partecipazione di coloro che saranno investiti dalle conseguenze di queste dislocazioni.

Fedriga ha annunciato il trasferimento degli uffici regionali. Si tratta di una scelta discutibile dal punto di vista urbanistico in quanto comporterà la desertificazione, anche commerciale, delle zone dove attualmente quelle sedi si trovano. Questi impatti negativi non sono stati presi in considerazione né sono state valutate nuove ipotesi di destinazione degli immobili che rimarrebbero vuoti. Lo stesso recupero di quegli immobili rappresenterà un onere rilevante per la Regione, che potrebbe avere altre priorità di investimento.

A fronte di questa ipertrofia residenziale, c’è il nulla sull’innovazione, sull’industria leggera, nessun progetto sul green new deal, come esigono le richieste dell’Europa e le finalità del Recovery Fund. Soprattutto nulla per i giovani, per l’alta formazione, per la ricerca, per l’innovazione sociale, per attrarre nuovi abitanti.

Vogliamo parlare dei fondi appena stanziati dalla Regione per gli interventi? Stupisce che il Comune di Trieste li abbia ricevuti “in prestito” e quindi da restituire a carico dei triestini. In altri casi, ad esempio al comune di Monfalcone è andato un contributo a fondo perduto per la probabile realizzazione di un altro parco del mare.

Avevamo pensato al Porto Vecchio come a un’area alla portata di tutti in cui muoversi in modo sostenibile, e invece viene accantonato l’uso dell’infrastruttura ferroviaria che permette un collegamento a basso impatto ambientale e sostenibile economicamente. Al posto delle rotaie la giunta Dipiazza vuole l’ovovia, che dovrebbe nascere con fondi statali ancora da assegnare e senza un piano economico che ne sostenga i costi in futuro. Per tacere del connesso previsto aumento dei parcheggi.

A seguito di quanto previsto dalla Variante inoltre, gli immobili di proprietà del Comune non potranno che essere venduti al miglior offerente, aprendo la strada a processi non governati e di incerta capacità di sviluppo. La funzione del Consorzio Ursus, sotto questo profilo diventa chiara: “l’ambasciatore” che dovrebbe guidarlo farà sostanzialmente da agente immobiliare, andando alla ricerca di operatori ai quali proporre l’area come opportunità di investimento. Il punto è che in quell’area non basta creare dei contenitori, spostare uffici o costruire abitazioni d’élite.

Serviva un comitato strategico, che coinvolgesse le competenze che ci sono in questa città e fuori da essa, e che guardano con interesse a Porto Vecchio. Non si può pensare di poter fare tutto da soli. Per noi una società a maggioranza pubblica serviva, ma doveva avere la porta aperta alle grandi eccellenze delle città, quelle capaci di dialogare con il mondo e di apportare competenze. Abbiamo anche proposto di associare un grande soggetto pubblico che garantisca relazioni e finanziamenti. Ci ritroviamo un consorzio interamente pubblico con una dotazione iniziale di 300 mila euro e con una struttura debole in partenza, dato che le risorse umane saranno quelle degli enti pubblici soci che fanno fatica a gestire l’ordinario. Potrà questo soggetto guidare un’operazione straordinaria che reinventa ex novo un quinto della città?

Noi non ci rassegniamo a questa decadenza in cui tutto si quieta e si sopisce, per questo ci candidiamo a guidare la rinascita di Trieste.