Pubblichiamo l’intervista a Francesco Russo, apparsa oggi, giovedì 22 settembre su l’Unità:

“Il ricambio avverrà solo se si parte dai contenuti”

Il segretario di Trieste “Continuiamo a fare politica come Togliatti e Fanfani, oggi la chiave di volta è la “cittadinanza partecipata”: chi ci vota chiede segnali di innovazione”

“Dobbiamo parlare di futuro e dobbiamo riflettere sul fatto che noi continuiamo a far politica, nelle forme organizzative, nel modo in cui la facevano Togliatti e Fanfani”. Il rinnovamento del PD per Francesco Russo non deve essere soltanto generazionale. Il punto sono i contenuti, dice il segretario provinciale del PD di Trieste, e i modi per veicolarli. Lui, quarantaduenne diviso tra la politica, l’insegnamento di politiche della formazione all’Università di Udine, quattro figli, durante la campagna per le amministrative della primavera scorsa si è inventato gli “appunt(A)menti”: “Invece dei comizi abbiamo organizzato incontri con una quindicina di persone individuate al di fuori dei classici canali di partito, col politico costretto come un novello Ulisse, legato all’albero della sua nave pur di ascoltare le sirene, ad ascoltare gli interventi dei cittadini e basta”. Un esperimento di “cittadinanza partecipativa” che ha portato bene: conquistata una città storicamente di destra e PD per la prima volta partito più votato.

Non sarà stato merito solo del modello Ulisse…

“Ma no, certo, però è importante che la politica ascolti e offra un modello di partito che sappia includere. Dopodichè il resto, se si parla del merito, se si sta sulle cose, viene. Metà dei nostri eletti in provincia sono under-30. Lo stesso vale per i più votati con le preferenze. Segno che gli elettori cercano segnali di rinnovamento.

Generazionale?

Non sono un fan del puro anagrafico. Il rinnovamento lo farà la generazione che saprà di nuovo spiegare la straordinarietà dei tempi in cui viviamo e ridare speranza a come oggi la politica parla ai cittadini.

Per quanto vi riguarda?

La nostra generazione deve essere capace di testimoniare un grande orgoglio per il PD, guardare avanti e chiudere definitivamente con i partiti precedenti. Qui si farà la differenza tra chi ha una visione antica della politica e chi no, a prescindere dall’età.

Cosa vuol dire ridare speranza?

Non arrenderci al fatto che i nostri coetanei della Cina, dell’India, anche dell’Africa guardano al futuro con grandi aspettative e una visione di sviluppo, mentre nel nostro Occidente appesantito non c’è la stessa fiducia che domani sarà migliore di ieri. Un partito come il nostro deve far capire che la politica è qualcosa che guarda al futuro. La scommessa del rinnovamento è tornare a parlare di una politica che sappia promettere una società più ricca, più giusta, più coesa. Altrimenti se parliamo solo di tecnicismi, se ci distinguiamo poco rispetto al modello dominante, se rimaniamo fermi su logiche di welfare di 40 anni fa, le persone fanno fatica a seguirci.

È un problema solo di contenuti?

No, anche di come li veicoliamo. Sul territorio c’è una straordinaria capacità di recupero, ma non possiamo continuare a far politica nelle forme organizzative in cui la facevano Togliatti e Fanfani. Dovremmo avere il coraggio di aprire un dibattito su cosa sia la democrazia partecipata nei tempi della web generation e della società di massa. Alle elezioni di Berlino in Consiglio comunale è entrato il partito pirata, che non è Grillo e un po’ di folklore. Dobbiamo guardare con occhi diversi al valore della democrazia, della partecipazione costante e non solo per gli appuntamenti elettorali, dobbiamo avere il coraggio di inventarci modalità diverse di coinvolgimento.

Dovesse avanzare un paio di proposte programmatiche, in questa fase di crisi economica?

Intanto, dobbiamo ragionare nella cornice europea, rimettere la testa nel dibattito internazionale perché la politica oggi è troppo provinciale. In questo quadro, pensando anche che lo stesso Obama con tutto il suo carisma non è riuscito a scalfire il potere di una economia tutta finanziarizzata, dobbiamo capire che la politica oggi più che fare manovre e dividersi le briciole deve bloccare la speculazione. Ad esempio, bisognerebbe prendere sul serio la proposta di Prodi sugli Eurobond, che farebbe risparmiare 40 mld all’anno di debito pubblico e bisognerebbe introdurre una formula di tassazione sulle transazioni finanziarie. E poi, se vogliamo dare peso politico e capacità di leadership all’Europa, servirebbero elezioni dirette del presidente dell’Unione.

Pensa che la sua generazione sia in condizioni di giocare fino in fondo la partita del rinnovamento?

Il PD è già in larga parte rinnovato, basta guardare a chi oggi ricopre incarichi di segretario comunale, provinciale o regionale, o chi è stato eletto sindaco o presidente di Provincia o Regione.  Per andare fino in fondo, la mia generazione forse dovrebbe essere più unita, dovremmo parlarci di più tra noi e parlare di più al Paese. E soprattutto dovremmo resistere alla tentazione di essere noi giovani più vecchi dei nostri padri.

Quale tentazione sarebbe?

Quella del correntismo. Io ho cominciato a fare politica nell’Ulivo e il PD è la casa di questa generazione.

Da voi non ci sono correnti?

Guardi, la corrente prevalente tra i neo eletti alla Provincia di Trieste è di coloro che non sono ex di qualcosa. A me sta bene discutere, dividerci, ma facciamolo sul furuto, non sulle amicizie di un tempo. I nostri elettori ci chiedono unità. Poi possiamo anche dividerci rispetto alle proposte, alle idee, ma se lo facciamo dopo che ci saremo mescolati, contaminati, sarà più facile sollecitare entusiasmi.

Si può dare un segnale di rinnovamento scegliendo un’alleanza piuttosto che un’altra?

Credo che tra i nostri elettori il tema suciti poco interesse. Piuttosto, se il PD sarà capace di parlare a tutta la società se avrà la capacità di guardare al futuro, potrà mantenere un dialogo con i cosiddetti moderati e con l’intero centrosinistra. Se sarà forte si trascinerà dietro anche gli altri.

da l’Unità
di Simone Collini
Roma